Il tema che tiene banco, in questi giorni di fine estate, è il “piano Paglione” per il rilancio dell’ospedale “Caracciolo” di Agnone. Il giovane medico ha proposto semplicemente di inserire la struttura sanitaria agnonese nella rete formativa universitaria in modo tale da attrarre medici specializzandi da inserire immediatamente in organico, spedendoli nei reparti. Una eventualità resa possibile dal decreto Calabria e già utilizzata con successo negli ospedali abruzzesi.

Il Decreto Calabria (DL 35/2019, art. 12) ha stabilito che «i medici iscritti al terzo anno di corso della scuola di specializzazione possono partecipare alle procedure concorsuali per il reclutamento di personale dirigente medico». Inoltre, sempre la stessa norma prevede che «l’eventuale assunzione a tempo determinato avviene con il mantenimento del contratto di formazione specialistica, ferma restando la necessità di completare il percorso formativo» e «i medici in formazione specialistica… sono coperti dalla polizza assicurativa stipulata dalle aziende sanitarie».

Un “piano”, quello di Paglione, riproposto dallo stesso estensore nel corso del convegno monotematico sulla sanità di Pescopennataro, che non ha convinto, ad esempio, l’ex primario facente funzioni della Medicina del “Caracciolo”, il dottore Franco Paoletti. Il noto reumatologo ha bocciato senza appello la proposta del giovane collega, con toni a tratti di dura critica anche personale all’indirizzo del dottore Paglione. A controbilanciare la stroncatura arrivata da Paoletti, che è anche consigliere comunale di minoranza in Agnone, si registrano ora gli interventi di altri due camici bianchi. La dottoressa Celeste Del Basso, chirurga ad indirizzo oncologico in Piemonte, ad esempio, replica alle dichiarazioni trancianti del collega Paoletti in questi termini: «Gli specializzandi non sono “sostituti a basso costo” degli specialisti, ma giovani medici che, specie se assunti con il Decreto Calabria, svolgono attività assistenziali proporzionate al livello di competenze e autonomia raggiunto. Sono sempre inseriti in un percorso di tutoraggio e supervisione, ma ciò non significa che non possano coprire turni, anche notturni, come già avviene in moltissimi ospedali italiani: in questi casi è previsto un medico strutturato reperibile, pronto a intervenire in caso di necessità».

Dunque l’impiego degli specializzandi, a differenza di quanto dichiarato a mezzo stampa dall’ex primario facente funzioni, è assolutamente possibile e previsto dalle normative vigenti. Perché, allora, non si vuole percorrere questa strada per il “Caracciolo” di Agnone? A questa domanda dovrebbe rispondere Paoletti e, prima di lui, il direttore generale dell’Asrem, Giovanni Di Santo.

«Il vero punto non è limitare o denigrare il ruolo degli specializzandi, – riprende la dottoressa Del Basso – ma chiedersi perché un ospedale come quello di Agnone non riesca ad attrarre né a trattenere specialisti già formati. Se una struttura viene percepita come professionalmente poco stimolante, scarsamente valorizzante o logisticamente isolata, è naturale che i giovani medici, una volta completata la formazione, scelgano altre destinazioni. La sfida quindi non è contrapporre specializzandi e specialisti, – insiste la dottoressa – ma costruire un ospedale attrattivo, con progetti chiari, investimenti e opportunità di crescita, in grado di trattenere i professionisti. Gli specializzandi rappresentano una risorsa preziosa, non un problema: sminuirne il ruolo significa ignorare la realtà di come funziona la sanità in tutta Italia».

Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda la dottoressa Elvira Di Pasquo, sempre agnonese, specialista in Ginecologia e Ostetricia prima al “Gemelli” di Roma poi a Parma: «Da quando un medico specializzando non è un medico? Forse qualcuno dovrebbe chiarire la differenza tra specialista e professionista. Non voglio essere curato dal giovane medico? Ma ce ne fossero di giovani, anche solo studenti di medicina, in gamba come i centinaia di medici e colleghi che ho conosciuto e con i quali ho lavorato. Un discorso che mostra senza veli le origini del male, una mentalità vecchia di cento anni». Il riferimento è alle dichiarazioni dell’onorevole Patriciello nel corso della conferenza di Pescopennataro. Il politico navigato ha detto chiaramente che «il paziente ha paura a farsi vedere da uno specializzando, che non è ancora un medico». La secca replica della dottoressa Di Pasquo: «Caro europarlamentare, sette anni fa ero una giovane specializzanda. Vantavo quattro anni di pratica in un grosso policlinico romano, uno in un prestigioso centro parigino, venti lavori scientifici, una mente fresca, aperta e aggiornata e più malattie autoimmuni, diabeti, cardiopatie materne, ipertensioni in gravidanza viste e trattate in cinque anni di quante ne abbia viste l’ospedale di Agnone in venti anni. Non si sarebbe fatto curare da me vero? Meno male che faccio la ginecologa…».
Francesco Bottone