“Non dobbiamo spaventarci per i migranti perché l’Europa è stata fatta da una continua integrazione di culture”. “Se la Svezia ha perso la sua capacità di accoglienza” non è “per egoismo” e serve “prudenza” dei governanti nella fase di accoglienza, per poter dare “casa, lavoro, cultura” a tutti. “Non si può chiudere il cuore a un rifugiato”, se si chiude, “alla lunga si paga, si paga politicamente”. Quindi: “Il più cattivo consigliere per i paesi che tendono a chiudere le frontiere è la paura e il miglior consigliere è la prudenza”. Sollecitato da una giornalista svedese, nel volo che lo riporta a Roma dopo le celebrazioni dei 500 ani della Riforma di Lutero, Papa Francesco è tornato sulla necessità di accogliere i migranti, cosa per cui ieri a Malmö aveva detto “grazie ai governi dei Paesi che accolgono”. E ha spiegato il suo pensiero anche in relazione alla Svezia, paese che con Austria, Norvegia e Danimarca aveva da mesi sospeso la libera circolazione, che – come ha deciso nei giorni scorsi la Commissione Ue – non verrà ripristinata entro la fine dell’anno e slitta a chissà quando.
Ma accanto all’apertura del cuore ai migranti, come la definisce Papa Francesco, deve esserci sempre “anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a ricevere, ma anche fare il calcolo di come poter sistemarli, perché non solo a un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare e se un Paese ha una capacità carente, diciamo così di integrazione, faccia fino a questo, ma sempre il cuore aperto: non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore, e alla lunga questo si paga, si paga politicamente come anche si può pagare politicamente una imprudenza nei calcoli, ricevere più di quelli che si possono integrare”. Quale un migrante o rifugiato non è integrato, c’è il pericolo che “si ghettizza, entra nel ghetto, è una cultura che non si sviluppa in rapporto con l’altra cultura…”. “Non credo che se la Svezia diminuisce la sua capacità di accoglienza lo faccia per egoismo”, e “tanti guardano alla Svezia perché ne conoscono l’accoglienza”.