Dall’Africa, principalmente dalla Libia, arriva in Italia un flusso di circa 150 mila “migranti” l’anno. Negli anni scorsi molti di questi, senza essere nemmeno “schedati”, trovavano la loro via verso il Nord Europa e non ci ponevano quindi seri problemi. Oggi Francia, Svizzera ed Austria hanno “chiuso” il loro confine e quindi sta aumentando rapidamente il numero di “migranti” che restano da noi. Non in tendopoli o campi reclusi, che offenderebbero il nostro buonismo, bensì molti accolti in strutture alberghiere, altri in centri sociali, caserme, edifici pubblici.
Il Governo trova più facile pagare (basta emettere altri BOT!) che cercare di gestire questo flusso. Ogni migrante ci costa circa 12 mila euro l’anno (il doppio che in Germania): il reddito di cittadinanza c’è già, per gli immigrati. Anche se a volte ospitati in alberghi e muniti di paghette per sigarette e cellulari, si impedisce loro di lavorare: possono solo giocare a pallone o andare in giro a chiedere l’elemosina. Penso che questa accoglienza finisca per erodere la loro stessa dignità, e per quanto può durare? Dove li manderemo poi? Abituati ad essere mantenuti, accetteranno poi offerte di lavori magari anche umili e poco pagati?
Li manteniamo ma non siamo in grado di organizzare corsi professionali, come in Germania, né la nostra economia è in grado di assorbirli. Non c’è alcuna strategia al di là dell’accoglienza immediata ma senza prospettive né per loro né per noi. Per quanto potrà crescere questa massa di gente mantenuta nell’inedia?
Mentre le strutture di ricezione si stanno saturando cresce l’insofferenza degli italiani: è questa politica buonista e rinunciataria che sposterà a destra l’elettorato, che poi tacceranno di “fascista”.
In Nigeria sono 200 milioni, nell’Africa sub sahariana 800 milioni. Poiché si vive certo molto meglio in Italia che in Nigeria (o Mali, Eritrea etc.), basti pensare alla sanità gratuita, non c’è alcun motivo di aspettarsi che il flusso di migranti si ridurrà spontaneamente, anzi il contrario.
Di fronte a questa situazione, per giustificarsi o tranquillizzare l’opinione pubblica il Governo racconta diverse favole. Una è che il flusso potrebbe essere ridotto con un programma di aiuti economici che migliori il tenore di vita dei paesi d’origine: ma ci vorrebbero decenni e l’esperienza della Nigeria mostra che nemmeno centinaia di miliardi (dal petrolio) bastano per cambiare un paese. La seconda è che si distinguerà tra profughi che avrebbero “diritto” all’accoglienza e migranti economici che verranno rimpatriati. Questa del rimpatrio, evidentemente impossibile per numeri significativi, è un’altra favola che offende l’intelligenza degli italiani. La distinzione stessa tra profughi e migranti economici è del tutto irrealistica: i paesi africani con guerre civili sono troppo numerosi per poter accogliere quali “profughi” le loro popolazioni,e d’altronde le condizioni di vita in alcune regioni dove non c’è notizia di guerre possono essere anche peggiori. Questo distinguere tra profughi e migranti economici ci fa sentire in pace con la nostra coscienza ma in realtà ha come unica conseguenza quella di rinviare i millantati rimpatri e intasare i tribunali tra domande e ricorsi, senza alcuna differenza sostanziale nel destino dei due. Anche qui, manca il coraggio di affrontare la realtà per quella che è.
Le tensioni per il crescente numero di migranti ospitati finiranno inevitabilmente per costringere il governo ad affrontare il problema se si debbano o meno difendere le frontiere. Gli spagnoli hanno evitato afflussi di migranti nelle Canarie rispedendo indietro barconi carichi di poveracci e hanno sparato (con qualche morto) su chi cercava di sorpassare i fili spinati a Ceuta e Melilla. Sono politiche odiose e che comportano costi politici per il governo che le adotta per le facili critiche di tutti i buonisti, ma senza di queste Ceuta e Melilla sarebbero state perse, e le Canarie sarebbero divenute uno stato africano. La maggior parte degli stati, ormai anche in Europa, seguono politiche analoghe. Anche per l’Italia si avvicina il momento in cui si dovrà decidere se difendere o meno la frontiera “sud” e come.
Il Governo ha sperato di scaricare questa responsabilità sull’Europa, ma è oramai chiaro che l’onere di difendere le frontiere deve accollarselo ciascun paese, e chi non sa o non vuole pagare il relativo costo politico deve tenersi i migranti che arrivano.
Dalla Libia partono canotti di gomma strapieni e con autonomia di sole poche ore, tanto contano che le nostre navi, avvisate per telefono, verranno a “salvarli” sino a poche miglia dalla costa libica. Cambiare politica verso azioni restrittive è possibile e forse anche relativamente facile, occorre però avere il coraggio di andare contro chi predica che siamo tutti eguali figli di Dio e che si devono costruire ponti e non muri, dimenticando però che esistono gli stati, con storie, leggi e finanze assai diverse tra loro.
di Giorgio Ragazzi
Comitato Scientifico Società Libera