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  • Profughi: Schiavi vittima della «sostituzione etnica»

    SCHIAVI DI ABRUZZO – Con gli immigrati «è in corso un’operazione di sostituzione etnica coordinata dall’Europa». Lo ha dichiarato a Radio Padania Matteo Salvini, secondo cui ci sono italiani «discriminati, vittime di pulizia etnica, di sostituzione di popoli». E la definizione «sostituzione etnica» ben si adatta alla realtà che sta vivendo un piccolo centro della Carnia, Malborghetto Valbruna, in provincia di Udine e ancor meglio Schiavi di Abruzzo, nell’Alto Vastese. Due piccoli Comuni così lontani, ma accomunati da un analogo destino, quello della «sostituzione etnica»?

    Nel tentativo di dare una risposta a questa domanda l’Eco dell’Alto Molise si è spinto, sia pure solo telefonicamente, fino ai monti della Carnia per intervistare Boris Preschern, il sindaco di Malborghetto Valbruna (nella foto sulla destra, ndr).

    Sindaco Preschern, allora, ci faccia capire, cosa sta succedendo nel suo Comune?il sindaco

    «Nel mio Comune, un piccolo centro montano a ottocento metri di altitudine, un ente privato vorrebbe aprire un centro di accoglienza per migranti in modo da ospitare quaranta profughi. Io, come rappresentante della comunità locale, contesto proprio quel numero. Ospitare quaranta profughi, in un centro che conta appena duecentocinquanta abitanti, significa mettere a rischio gli equilibri interni della nostra piccola comunità. Non vedo come un paese di 250 abitanti, che faticosamente e con lo sforzo di tutti cerca nel proprio sviluppo turistico un modo dignitoso per andare avanti possa accogliere un numero spropositato di persone, evitando che si generino problematiche incontrollabili e anche ingiuste. Nelle proporzioni, è come se a Udine accogliessero ventimila profughi».

    Quaranta profughi rispetto a duecentocinquanta abitanti. Sono davvero questi i numeri?

    «Il Comune conta in realtà 950 residenti, ma distribuiti tra il centro e altre quattro frazioni. In centro, dove dovrebbero essere ospitati i migranti, ci sono realmente poco più di duecento persone».

    Come si è mosso rispetto a questa ipotesi che lei, ci pare di capire, contesta duramente. 

    FRIULI DOMENICA AL VOTO PER GOVERNATORE E CONSIGLIO REGIONALE«Ho protestato duramente con la Prefettura e, per il momento, dopo il mio no secco, i migranti non sono ancora arrivati. Il prefetto ha replicato dicendo che comunque, come sindaco, non posso oppormi perché si tratta dell’iniziativa di un privato in una struttura privata e non comunale. Ho precisato che comunque io sono il responsabile dell’ordine pubblico e della sicurezza. Domani stesso, insieme ad altri sindaci della valle, sarò ricevuto dalla governatrice Debora Serracchiani per concordare, politicamente, un diverso approccio al problema profughi».

    Dunque un secco no, da parte sua, che almeno al momento ha bloccato l’apertura del centro. Ma in futuro?

    «Voglio precisare che io non sono razzista. Credo che queste persone in fuga da guerre e sciagure vadano aiutate, ma è un problema che riguarda tutti i Comuni e tutti dobbiamo, equamente, fare la nostra parte e non solo quelli più decentrati, montani o meno popolosi. La mia opposizione non ha nulla di ideologico, ci mancherebbe, ma alla Prefettura contesto la rilevanza dei numeri, la troppo elevata percentuale di ospiti migranti rispetto agli abitanti del posto».

    Il problema, sindaco, è che con numeri inferiori ai quaranta ospiti, probabilmente la struttura non è economicamente sostenibile. Non crede?

    «Certo ed è quello che mi hanno risposto anche dalla Prefettura infatti. Con meno ospiti sicuramente la gestione del centro diventa antieconomica, ma non si può pensare di gestire la questione profughi solo in termini economici. Ci sono risvolti sociali che vanno opportunamente considerati. Domani formuleremo al governatore la nostra proposta di accoglienza con numeri ritenuti accettabili dalle nostre comunità. Tenga presente che questa zona vive di turismo invernale e ho tutti gli operatori turistici sul piede di guerra per questo centro di accoglienza».salvini

    Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha usato l’espressione «sostituzione etnica». Crede possa essere applicata al caso singolare, ma non unico, del suo Comune?

    «Premetto che non ho alcuna tessera di partito, sono stato eletto come indipendente e mi reputo, da sempre, un moderato. Detto questo credo che nelle parole di Salvini ci sia una parte di verità. Non possiamo pensare di gestire i flussi migratori in questo modo, come si sta facendo adesso, abbandonati dall’Europa. Quelle persone vanno aiutate, ma fissando regole ben precise e senza danneggiare le piccole comunità locali».

    Parole di buonsenso, quelle del sindaco Preschern, che potrebbero valere anche qualche migliaio di chilometri più a sud. A Schiavi di Abruzzo, infatti, a mille e duecento metri sul livello del mare, un piccolo Comune con nove frazioni, un centro profughi è già attivo da qualche settimana. A fronte di una popolazione residente che non arriva a duecento abitanti nel solo centro, senza considerare quindi le frazioni, sono già stati accolti e ospitati diciannove pakistani e altri diciannove somali, per un totale di trentotto migrantipiluso contestato

    Una percentuale di quasi il venti per cento che il sindaco Preschern definirebbe sproporzionata, ma che il suo collega Luciano Piluso non si sogna nemmeno lontanamente di contestare. Perché Matrix e la Prefettura hanno deciso così.

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

     

     

     

     

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