Molisinsieme, la rivista delle Chiese diocesane del Molise, ha dedicato il numero di febbraio 2019 alla sanità regionale.
Una serie di articoli, non sempre per la verità collimanti, partendo dalla Evangelii Gaudium di papa Francesco, pongono la necessità di un’assistenza sanitaria uguale e gratuita per tutti i cittadini.
Sicuramente apprezzabile il taglio biblico ed etico nell’idea di un diritto alla salute con l’invito pressante a rafforzare l’impegno degli addetti nel settore e del volontariato in un approccio di sostegno e di amore verso chi è colto dalla malattia.
Limitato per la verità al solo intervento di don Francesco Martino, si fa strada un tentativo di analizzare in qualche modo le ragioni che hanno portato la sanità molisana alla situazione disastrosa che sta vivendo.
Sicuramente i deficit di gestione pluriennali con la conseguente assenza di razionalizzazione della spesa hanno rappresentato la causa principale del fenomeno, ma occorrerebbe approfondire l’indagine e andare a ricercare le responsabilità politiche sulle ragioni dei continui debiti accumulati rispetto ai quali anche il mancato rientro non può penalizzare i cittadini con la compressione dei servizi o l’aumento di una fiscalità già troppo elevata.
Bisognerebbe inoltre, come abbiamo più volte sottolineato, rivedere il Decreto Balduzzi le cui direttive sono estremamente penalizzanti per regioni territorialmente estese ma poco abitate.
Altre questioni sulle quali a nostro avviso occorrerebbe indagare, escludendo remore e dietrologie, sono quelle legate in passato al persistere di troppe strutture sanitarie dislocate oltretutto senza criteri plausibili sul territorio regionale; sarebbe opportuno anche, liberi da retropensieri, riflettere sulla volontà fattasi strada da decenni relativa alla necessità non di rafforzare la sanità pubblica in regione, ma di privilegiare il sistema delle convenzioni con i privati che ormai assorbono una percentuale troppo alta dei fondi pubblici e hanno finito per togliere alle strutture dell’ASREM posti letto e reparti inventando un sistema di soccorso e di cura che sta manifestando palesemente serie problematicità e che ha già determinato dei decessi per difficoltà d’intervento soprattutto nelle malattie tempo dipendenti.
Aggiungiamo oltretutto che le strutture private non sempre garantiscono servizi di eccellenza, ma spesso erogano, in una logica di concorrenza e senza pronto soccorso, gli stessi servizi di quelle pubbliche.
I cardini perché in regione possa ripartire una sanità decente sono la riorganizzazione razionale dei servizi pubblici ai cittadini, l’abbattimento dei tempi delle liste di attesa, l’efficientamento e la garanzia di tutti i reparti nel nosocomio di Campobasso che deve necessariamente essere un centro HUB per tutte le specialità, come sostiene nella rivista il dottor Romeo Flocco, e diventare in deroga un D.E.A. di II livello con la possibilità di procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato in ragione delle necessità dei servizi sanitari.
Occorre poi pensare all’ammodernamento di strutture, apparecchiature e strumenti operativi e di controllo oltre a riorganizzare i servizi sanitari territoriali che non hanno visto alcun miglioramento da anni e che non danno attualmente risposte adeguate alle esigenze dei cittadini in gran parte anziani e bisognosi di cure.
Questo richiede piani d’investimento che al momento sembrano lontani, ma senza i quali la salute dei cittadini sarà in pericolo.
Condivisibili nel complesso le linee tratteggiate ancora sul numero di Molisinsieme da don Francesco Martino “per una riorganizzazione che garantisca i servizi pubblici ai cittadini, piuttosto che le strutture” dove si aggiunge testualmente che occorre “operare una seria revisione dei servizi esternalizzati, che purtroppo spesso non producono risparmi, ma aumenti di spesa” ed ancora “rivedere tutte le convenzioni, specialmente quelle con il privato non di eccellenza che fa le stesse cose del pubblico e si sostituisce ad esso dove i relativi servizi pubblici di base vengono chiusi“.
Sono affermazioni di grande interesse verso un’apertura all’importanza di una revisione della spesa per avere nel pubblico tutte le Unità Operative e coprire in sicurezza le necessità dei cittadini.
Don Francesco appartiene a quella chiesa diocesana di Trivento che, conoscendo il valore del servizio sanitario pubblico sul territorio montano interno soprattutto nei mesi invernali, è scesa in campo più volte a difendere l’importanza di un presidio ospedaliero come il “San Francesco Caracciolo” di Agnone per un’area disagiata come quella dell’Alto Molise.
Nell’editoriale firmato sulla stessa rivista da mons. GianCarlo Bregantini si esordisce “Con questo numero, vogliamo dire la nostra, come Chiese del Molise, sulla santità (sic) regionale“.
Che “santità” sia un refuso è chiaro, ma è altrettanto evidente che la proposta di fondo contenuta nello stesso articolo torna all’idea, più volte avanzata in Molise dalle classi dirigenti e sostenuta dal prelato, di una reale integrazione tra pubblico e privato “come tra l’ospedale Cardarelli e la Fondazione della Cattolica, a Campobasso, per costruire quella ipotesi tanto attesa, di una Cittadella molisana della sanità, che possa essere il volano per l’intero comparto regionale, di stimolo ed integrazione (e non sostituzione) anche delle realtà periferiche!“.
Chi conosce le nostre lotte per la difesa di una sanità pubblica di qualità nella regione Molise sa che da cittadini e da cristiani abbiamo sempre rifiutato una tale idea d’integrazione tra pubblico e privato perché, dopo l’idea delle convenzioni, è proprio questo il modello che ha aperto la strada alla privatizzazione del sistema sanitario e che sta portando la nostra regione a dei L.E.A che non garantiscono più una reale copertura dei bisogni di cura della salute dei cittadini meno abbienti.
Non si tratta di schemi, opinioni o prefigurazioni pregiudiziali, come si tenta di sostenere, ma della convinzione che solo il servizio sanitario pubblico, che attualmente garantisce l’emergenza, l’urgenza e i servizi territoriali, può assicurare la tempestività, la gratuità e la continuità della prevenzione, della diagnosi e della cura delle malattie o della riabilitazione prendendosi a carico comunque e sempre il cittadino che ha problemi di salute.
Siamo pienamente convinti di questo eppure più volte abbiamo sostenuto che al privato va indubbiamente riconosciuto il diritto di far nascere strutture di ricerca, di cura e di riabilitazione purché ciò avvenga senza oneri per lo Stato o le Regioni che devono servirsi dei fondi disponibili unicamente per rendere pienamente efficienti i servizi pubblici piuttosto che dirottarli su quelli privati.
Garantire servizi ospedalieri e medicina territoriale efficaci dev’essere l’obiettivo comune di quanti non si rassegnano all’attuale stato di difficoltà che vive la sanità pubblica dove le liste di attesa sono insostenibili, i posti letto fortemente ridimensionati e il personale stressato per il blocco del turn over.
Proprio seguendo l’idea di papa Francesco di un’assistenza sanitaria uguale e gratuita per tutti i cittadini, nelle assemblee del Forum per la Sanità Pubblica di Qualità in cui abbiamo lavorato per anni siamo arrivati con pochi altri a sostenere perfino l’eliminazione dei servizi intramoenia nel pubblico e l’abolizione dei ticket per le prestazioni di diagnostica e cura almeno per i nuclei familiari con redditi limitati.
Si dice sempre nell’articolo di mons. Bregantini che “occorre un’adeguata e saggia programmazione, frutto di un ampio ascolto delle necessità della nostra gente“.
È proprio questo a nostro avviso il lavoro che le Chiese diocesane del Molise dovrebbero fare affidando a gruppi di laici impegnati nel settore lo studio dei problemi incontrando realmente in modalità davvero sinodale quel popolo di Dio che sul tema avrebbe bisogno di un confronto di base articolato che finora francamente non ci pare si sia avuto in forma di ricerca e di elaborazione di idee condivise e che solo dovrebbe indicare le linee per la strutturazione dei Piani Sanitari Operativi.
Sarebbe utile inoltre che le stesse Chiese diocesane del Molise si confrontassero con gli operatori del settore e con i comitati di base che da anni cercano di farsi carico delle esigenze dei cittadini.
C’è di più.
Questa metodologia è a nostro avviso oggi ancora più necessaria e urgente perché cominciamo ad avvertire il timore sensato che il cosiddetto “Regionalismo differenziato” possa creare ulteriori discriminazioni territoriali soprattutto nelle prestazioni di natura educativa e sanitaria.
È per tale ragione che forse va ripensata la loro gestione a livello regionale per riportarla a quello statale nella speranza così di dare servizi gratuiti e di eccellenza ovunque in due settori di così grande importanza per la qualità della vita dei cittadini.