Non riuscirò, forse, mai a descriverla la orrenda bruttezza di quelle morti, il giorno 24 marzo 2015, quando, imprevedibilmente, un pilota ventisettenne, Andreas Lubitz, improvvisamente impazzito, come si è detto, schiantò volutamente l’aereo che pilotava contro le montagne delle alpi francesi.
Gli strumenti linguistici a disposizione sono troppo deboli per rappresentare scene così cruente.
Vi tentò con le sue tele Hieronymus Bosch; molto dopo Soutine con il suo “Bue squartato”; e, poi, ancora, nel 900, Picasso con la sua Guernica; Guttuso con la sua Vucciria, tele con un rosso mostruoso dimostrativo delle carni straziate; il sommo Alighieri con la descrizione nel suo inferno.
Ma mai nessuno è riuscito a descrivere, con esattezza, lo stampo atroce di un uomo sul ponte a forma di “T” Aioi sul fiume Ota di Hiroshima, dopo il sole infernale di una bomba atomica.
Sono troppo nuovi, scioccanti, imprevisti gli eventi che si susseguono giorno per giorno, per cui diventa estremamente difficile descrivere con sufficiente talento, scene sempre nuove e shock sempre più impressionanti.
Quella rotta, quel giorno (il 24 marzo 2015) si stava normalmente svolgendo; 150 persone a bordo, insonnolite o dormienti o ascoltanti musica o scherzanti con i lori figli, gli steward e le hostess nella gentilezza dei loro servizi di bordo.
Nessuno di essi poteva immaginare che di lì a poco vi sarebbe stato l’inferno.
Il secondo pilota aveva spiato forsennatamente il suo capitano durante il viaggio di andata a Barcellona, pensava già di mettere in opera il suo folle disegno di schiantare l’aereo a terra o altrove.
Non gli era riuscito : almeno così è stato dedotto recentemente dalla più accorta lettura delle scatole nere, anzi del più avvistabile colore arancione.
Ma al ritorno il comandante deve uscire dalla carlinga di comando : lo fa senza alcun sospetto.
Ma, quando tenta di rientrarvi, la cabina è bloccata dal di dentro.
Inutili le sue grida disperate, le sue imprecazioni, le sue implorazioni : la porta blindata – come è d’obbligo, a cagione dei pericoli di assalto da possibili pirati aerei – non consentiva nemmeno, con le spallate furiose che il comandante atleticamente batteva contro di essa, che questa si aprisse.
Egli probabilmente aveva capito tutto : il suo “secondo” si era fulmineamente impossessato dei comandi dell’aereo.
Il suo disegno, feroce ed allucinato, era ormai maturo : schiaccia il pulsante altimetrico : il velivolo improvvisamente si abbassa, perde in pochi minuti 500, 1000, 2000, 3000 metri di altezza ed ecco, di fronte, la montagna innevata delle alpi francesi.
Lo schianto fu terrificante : nessuno riuscirà mai nè perfettamente a comprendere né a descrivere che cosa accade in un corpo umano o animale scagliato a 800 kilometri di velocità contro una parete rocciosa.
In quegli istanti le carni sono divorate, strappate dalla violenza dell’urto, eviscerate e scagliate in mille punti del territorio.
E’ una scena da apocalisse.
Questa stessa scena si verificò più di 60 anni fa nella ricordevole sciagura di Superga dove tutti gli atleti della squadra leggendaria del Torino morirono di colpo contro la montagna oscura.
La cosa davvero sorprendente di questa vicenda è che il male oscuro che aveva colpito Lubitz non era stato diagnosticato ufficialmente e che gli ufficiali di comando della Lufthansa non se ne fossero accorti e che si fosse consentito che un ragazzo, già di per se poco esperto, sebbene ricco di talento, potesse mettersi al comando di un aeromobile così grande.
Ma i sospetti di questo avvenimento vanno molto al di là di ciò che sbrigativamente è stato detto, e cioè che tutto sarebbe dipeso dalla follia di un giovane non controllato nè sufficientemente ascoltato ed esaminato con le periodicità mediche prescritte.
Ma molto importante ed indiziante è che i net-work Isis, raccogliendo fulmineamente la notizia, abbiano espresso la loro esultanza per l’avvenimento, che in qualche modo sembra abbiano fatto proprio.
Il contagio delle idee insani e folli, come quelle che stanno occupando quell’area arabo medio-orientale e l’altra nord africana, è forte.
Purtroppo, conquista, devasta menti e cuori, fino al limite dell’improbabile e persino dell’impossibile .
di Franco Cianci