POGGIO SANNITA – “Uno dei luoghi comuni più errati, è che nei lavori pubblici si rispettino le regole e che ci sia un maggior controllo”. Così attacca Nicola Di Filippo, cittadino di Poggio Sannita, quando lo incontriamo nel suo paesino. “Sono stati fatti dei lavori pessimi, in più punti del paese. Non so quasi da dove cominciare”.
Così, abbiamo l’imbarazzo della scelta. Di Filippo ci porta in giro per Poggio Sannita e dintorni e ci mostra alcuni degli scempi sotto gli occhi di tutti.
Partiamo, perciò, dalla bretella che collega il paese dell’alto Molise alla fondovalle Trigno, realizzata nell’ambito del patto territoriale Trigno-Sinello. Il nostro Cicerone, fa partire il tour dall’area nella quale sorgeva la fabbrica, ormai chiusa da anni.
La pavimentazione è irregolare e sono ben visibili numerosi avvallamenti che, secondo Di Filippo, si possono trasformare in frane, facilmente. Proseguiamo in direzione Fv Trigno e, dopo pochi metri, facciamo un’altra sosta. “Vede” comincia il cittadino indicando una parete fangosa “questa non è terra. È una specie di argilla e, in quanto tale non si solidifica. Non sedimenta e continua ad appesantire i cavalcavia. In casi come questi” spiega Di Filippo “la norma vuole che si proceda per terrazzamenti, affinché non vengano a crearsi strapiombi che causano ulteriori crolli. Qui non si è fatto altro che prendere il materiale eccessivo e buttarlo dove si poteva.”
Purtroppo, Nicola ha ragione. Ci guardiamo introno e vediamo che nelle scarpate è stata buttato terriccio o, addirittura, a fianco dei guard rail. In un tratto, addirittura, i rifiuti sono tanto alti quanto la barriera.
Che cosa può comportare un’opera come questa?
“Bé, in strade come queste, si continua ad appesantire il manto sfidando la natura. Insomma, si prepara il campo per altri smottamenti. Nei giorni di pioggia, possiamo vedere che l’acqua si accumula verso la valle e ristagna. Questo accade perché da quel lato la strada inizia ad inclinarsi e si avvalla.”
Potranno esserci altri cedimenti?
“Sfortunatamente è quasi certo!”
Lo spettacolo non è ancora finito. Non passa molto prima che ci si debba fermare per un’altra tappa. Nicola, ci indica dei grossi massi nascosti nella boscaglia, facciamo quasi fatica a fotografarli. “Li vede quelli?” chiede per poi iniziare a raccontare “Il progetto prevedeva che la ditta appaltatrice smaltisse i vecchi blocchi di cemento. Macigni come quelli possono essere riciclati ma gli esecutori dei lavori hanno preferito semplificarsi le cose sbarazzandosene e buttandoli dove fosse più semplice. Più, le mostrerò dei condotti di scolo, nei quali ne sono stati buttati altri.”
Ancora una volta, le foto lo testimoniano, dobbiamo provare sgomento. Nicola non dice bugie. I fatti parlano chiaro. Infine, tanto per concludere in bellezza, ci vengono mostrati i vespai. Per chi non lo sapesse un vespaio corrisponde allo spazio di areazione lasciato tra le mura di cinta di una strada e il terreno. È necessario per far si che l’umidità della terra possa traspirare. “Per realizzarli” chiarisce Di Filippo, anni di edilizia alle spalle, “in genere vengono utilizzati materiali quali brecce e simili. Qui, invece, è stato usato cemento in blocchi. I vecchi muretti di cinta sono stati rotti (più o meno) e nascosti dietro i nuovi. Le conseguenze immediate sono due: l’umidità non traspira e si possono liberare delle tossine. Mi è stato raccontato” conclude l’uomo “che non è più possibile mangiare i funghi che crescono nei dintorni. Prima erano commestibili. Ora non più!”
Quando abbiamo parlato per la prima volta ci parlavi spreco di denaro pubblico. Ci spieghi un po’
“Qui, da quando tutto è cominciato c’è stato un susseguirsi di frane, attribuite sempre alle calamità naturali, e di chiusure che ci sono costate circa 250 mila euro. L’ultimo intervento risale ad aprile dello scorso anno. 100 mila euro per sistemare la famosa frana. A distanza di pochi mesi l’asfalto si avvalla di nuovo. Ora sono stati stanziati 300 mila euro per dei lavori che presto saranno appaltati.
Nicola, stiamo parlando di una storia vecchia. Nessuno ha mai visto o sentito niente?
“Finora Io stesso ho fatto numerosi esposti: alla Procura della Repubblica di Isernia, alla Prefettura di Isernia e ai comandi agnonesi di Carabinieri e della Forestale.”
E poi?
“E poi boh! Non si è saputo più niente. Nel frattempo qui si continuano a spendere soldi e si prosegue aumentando il danno ambientale.”
Ma le istituzioni?
“Dopo sei anni dalla consegna dei lavori e dopo aver sfruttato finanziamenti per il ripristino con urgenza della Protezione Civile, Regione Molise e Comunità Europea (che hanno dato la possibilità di assegnare i lavori senza nessun tipo di gara, o procedura negoziata, ma con affidamenti diretti senza nessun ribasso) nel 2012, l’ex sindaco Palomba ha finalmente dato inizio ad un’azione legale. Dopotutto, prima dell’inizio dei lavori, che dovevano ottimizzare il tratto, questa bretella non aveva mai avuto cedimenti.”
Hai mai contattato la stampa o le tv?
“Uno pensa che i lavori pubblici siano quelli fatti con più precisione e che ci siano maggiori controlli, trattandosi di soldi che provengono dai contribuenti e quindi che segnalando alle autorità si faccia un piacere alla comunità. Con il tempo ho constatato il contrario. Tutto era su face book. Ho informato continuamente i concittadini ma non ho mai coinvolto i mass media. Ingenuamente, credevo che non fosse necessario, invece…”
Giovanni Giaccio