Codici identificativi per i cacciatori e stop immissioni fauna pronto caccia.
Sono le singolari richieste dell’Associazione vittime della caccia. In una nota dell’associazione in parola si legge: «Sta per partire la nuova stagione venatoria e siamo alle solite inaccettabili forzature di scelte politiche e istituzionali atte a favorire il mondo venatorio. La solita storia insomma, da un governo all’altro, al di là del volere del resto degli italiani.
A partire dalle immissioni di fauna selvatica da allevamento “pronto caccia“, guarda caso proprio nelle immediate vicinanze di abitazioni e pertinenze, ovvero luoghi dove è vietato sparare».
«Ne consegue che i cacciatori torneranno come ad ogni stagione a sparare contro le abitazioni, mettendo in reale e serio pericolo la vita di persone e animali domestici, oltre agli scempi commessi contro animali innocenti e ad una biodiversità sempre più “a misura d’uomo”. – continua la dura nota dell’Associazione vittime della caccia – Chi presiede gli ATC (Ambiti Territoriali di caccia, che decidono le immissioni) evidentemente non arriva a capire questa ovvietà, rendendosi così responsabile di tutte le conseguenze prodotte dall’immissione e dagli spari sconsiderati di chi ama sentirsi vivo uccidendo. Queste non sono intuizioni logiche ma testimonianze di cittadini che segnalano all’Associazione Vittime della caccia la presenza di fagiani, lepri, quaglie, starne e altre specie “sparabili“… nei loro terreni pertinenti le abitazioni. Un aspetto altrettanto grave nonché di uno spiazzante cinismo riguarda la sopravvivenza di questi poveri animali abituati all’uomo e a trovare cibo ed acqua negli allevamenti, ma non in grado di procurarselo in natura e quindi destinati a morire di stenti se non impallinati.
Ma si sa, il mondo venatorio non si fa certo scrupoli etici, neppure durante le ormai numerose preaperture delle regioni che vedono falcidiate anche specie non previste dai regolamenti in questo delicato periodo, prima della canonica apertura della stagione venatoria (3° domenica di settembre), al pari dei posticipi di febbraio, altro regalo alla logica clientelare della lobby, sistematicamente garantito.
Regioni sempre attente alle pretese di chi spara, ma sorde al resto della popolazione inerme minacciata da armi da fuoco.
La gente per bene chiede di identificare chi spara vicino a casa propria, la gente vuole sapere chi commette gli efferati abusi che ad ogni stagione deve subire sulla propria pelle: per questo occorre che si prenda atto della assoluta necessità di identificare gli sparatori con un codice alfanumerico visibile anche a distanza sui loro giubbotti».
Quindi secondo l’associazione in parola non basta un porto d’armi, quale documento di identità, ma bisognerebbe apporre sui cacciatori una sorta di “targa”, un codice identificativo appunto, che consenta il riconoscimento e l’individuazione anche a distanza. Una proposta, questa della schedatura dei cacciatori, destinata a far discutere quando si è giunti ormai proprio all’apertura della stagione venatoria.