AGNONE. L’assessore alla Protezione civile del Comune di Agnone, Daniele Saia ribadisce l’importanza del presidio sanitario altomolisano, il San Francesco Caracciolo, e ne chiede il potenziamento prima che sia troppo tardi. Un ospedale, quello a cavallo tra Molise e Abruzzo – spiega Saia nella nota inviata agli organi di stampa – che senza fare dello stupido campanilismo non può essere messo sullo stesso piano di altre strutture presenti in regione. Da qui l’appello alla classe politica regionale su scelte future in fatto di sanità pubblica.
“Di queste ore le notizie sugli interventi di vigili del fuoco, carabinieri e forestale per soccorrere dializzati nei comuni dell’Alto Molise – esordisce l’assessore agnonese -. Una donna incinta di Pescopennataro, invece, ha impiegato circa tre ore a bordo di un fuoristrada-ambulanza del presidio di Agnone per raggiungere il nosocomio di Isernia. Un infarto o una ischemia sarebbero stati fatali per i pazienti, considerati i tempi impiegati. La sala operatoria del ‘Caracciolo’, dove era programmata la sessione operatoria, è entrata in funzione grazie alla polizia stradale di Agnone, che ha prelevato l’anestesista a Isernia”
“Gli episodi ripropongono il tema della Sanità nelle aree interne della provincia di Isernia, le più lontane dai principali centri di cura – sottolinea -. Bensì dei ‘diritti’ di un territorio che subisce i disservizi, ma anche gli extra costi rispetto agli altri residenti: pensiamo solo alle addizionali pagate per l’energia e la mobilità. Questo per dire che bisogna andare oltre le politiche per le urgenze prospettate nel piano sanitario. Una sanità strutturata, non quella che impacchetta il paziente e lo trasporta in ospedale dopo un viaggio di oltre un’ora, deve qualificare l’attenzione regionale verso chi vive in Alto Molise. Alla popolazione di questa area non si può continuare a chiedere tasse e poi negare servizi, infrastrutture, politiche per il lavoro e la vivibilità. Se è vero che il Sud abbandonato rischia di trascinare il Paese verso l’altra sponda del Mediterraneo – conclude Saia – le zone deboli della regione devono essere sostenute, prima di danni irreparabili alle persone e all’assetto istituzionale”.