AGNONE. Nel 1942 Arnaldo Bonanese, che tutti in Agnone conoscono con il nome di Renato (nato a San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, il 7 aprile 1935), arrivò in Agnone per volontà della zia Marianna, sorella della mamma, che era residente già da qualche anno, insieme al marito, nella cittadina alto molisana.
Nel giro di un paio d’anni, in seguito a varie vicissitudini, giunsero “a piedi e con la neve” da San Marco in Lamis fino ad Agnone, anche la mamma Leonarda e gli altri fratelli e sorelle di Arnaldo: Gennaro, Giuseppina, Alfredo, Emanuela Assunta e Angelo.
Negli anni ’50, fu il fratello maggiore Gennaro, persona molto cordiale e intraprendente, a convincere i fratelli più piccoli ad impegnarsi per aprire un’attività per la produzione di bevande.
All’epoca, nella città di Agnone, producevano bevande gassate altre tre persone: Catauro Amicarelli, Sabatino Misischia e Benedetto Carlomagno.
Fu così che Emanuela Assunta, Arnaldo e Angelo aprirono l’azienda chiamata “Industria Acque Gassate Bonanese” per produrre le seguenti bevande : la gassosa, l’aranciata, il chinotto, la cedrata e soprattutto la spuma, chiamata “Spuma Sole”.
Nei primi anni, i tre fratelli lavorarono molto duramente. Le bevande venivano preparate dentro dei grandi contenitori e le bottiglie venivano imbottigliate una alla volta con il “cuppino”, chiuse con i tappi di porcellana ed etichettate con una colla speciale, anch’essa preparata a mano.
Per la preparazione della “spuma Sole”, si iniziava la produzione facendo caramellare lo zucchero, poi, quando, il colore di quest’ultimo diventava ambrato, si incorporavano lentamente tutti gli aromi necessari a conferirle il suo gusto speciale. Inizialmente, la consegna delle bibite avveniva con una carretta di legno. Le cassette per le bevande erano sia in legno sia in filo di acciaio e potevano contenere 12, 24 o 30 bottiglie. Oltre alla consegna, Arnaldo si occupava anche del ritiro delle bottiglie vuote (il cosiddetto “vuoto a rendere”). Quest’ultime venivano accuratamente lavate, asciugate ed utilizzate per un nuovo ciclo di imbottigliamento.
Le bevande venivano consegnate sia presso i negozi, sia presso le case private.
Intorno agli anni ’60, i fratelli decisero di acquistare una “Ape Piaggio” che rese le consegne meno faticose e molto più veloci.
La produzione tutta manuale dei primi anni, pian piano venne resa più agevole dall’acquisto di piccoli macchinari. La prima macchina produceva il gas per una sola bottiglia alla volta. Successivamente, fu acquistata una macchina ancora più comoda che permetteva di riempire contemporaneamente quattro bottiglie. Con l’acquisto del nuovo macchinario, pian piano anche i tappi di porcellana furono sostituiti dai tappi a corona che venivano realizzati da una ditta di Firenze.
Accanto all’attività della ditta, sia Arnaldo che Angelo svolgevano anche l’attività di venditori ambulanti. Durante le giornate di festa, in onore di questo o quel Santo, Arnaldo, insieme alla moglie e ai figli, si recava con il suo ”treruote Piaggio” a vendere bevande, panini, noccioline, pop corn, mentre Angelo vendeva gelati della Sanson con il suo furgone bianco.
Inizialmente, anche i gelati venivano preparati artigianalmente, soprattutto quelli che venivano venduti presso il “chioschetto” di Viale Marconi. Per questa ulteriore produzione, ogni mattina alle 04.00, o Arnaldo o Angelo, andavano in giro per le campagne a ritirare i soliti 10 litri di latte fresco, che la sorella Emanuela Assunta, con l’aiuto della mamma, faceva bollire unendovi man mano le uova ed i vari aromi di cioccolato, mandorla o arancia, che sono tuttora rammentati nei ricordi di alcuni Agnonesi.
Solo tre parole: bibite Arnaldo Bonanese! Con questa esclamazione veniva riassunto la piccola industria, quando durante le feste in piazza Angelo invitava i presenti ad acquistare i prodotti. Ricordo con tanto dispiacere quando al Tribunale di Isernia, per una partita di aranciate, non messa in commercio, ma lasciata nel deposito ed uscita poco colorata, dovettero pagare una multa milionaria, e fu questa l’occasione per chiudere l’attività, anche se non costituiva pericolo per la salute, ma violava delle disposizioni di legge.