L’unico reparto dell’ospedale ‘San Francesco Caracciolo’ di Agnone torna ad avere a che fare con la carenza di medici. Assodato che la situazione non è delle più rosee con appena quattro dirigenti medici in forza in Medicina, la notizia del giorno è quella delle dimissioni di uno dei camici bianchi. La dottoressa in questione, infatti, ha deciso di prendere altri lidi. L’ultimo giorno di lavoro sarà il prossimo 15 dicembre quando nell’Unità operativa semplice a coprire i turni ci saranno solo tre professionisti (primario compreso) i quali, a loro volta, non potranno godere di ferie o eventuali periodi di malattia. Scontato dire che se non ci saranno nuovi innesti a rischio la continuità del servizio.
Quella della carenza di medici al ‘Caracciolo’, più di qualsiasi altra struttura presente sul territorio regionale, resta un problema atavico mai affrontato in maniera definitiva. La mancanza di medici, unita alle scellerate decisioni dell’Asrem hanno portato alla chiusura e soppressione di interi reparti e ambulatori ad oggi inesistenti nonostante la forte richiesta di un’utenza anche extraregionale.
Ma la carenza di camici bianchi è solo uno dei tanti grattacapi da risolvere nell’area più isolata del Molise. Il tema centrale resta quello di cosa si voglia fare di una struttura ospedaliera ormai ridotta all’osso che al tempo stesso incide minimamente sul fondo sanitario regionale. Non è un mistero che il ‘Caracciolo’ grava sulle casse della Regione per una spesa di circa 3,5 milioni all’anno. Praticamente una inerzia in confronto ad una spesa regionale in materia di sanità che sfora i 500 milioni di euro.
Ebbene, per rendere ancora appetibile l’unico presidio della diocesi di Trivento basterebbero una dozzina di milioni l’anno. Richiesta, questa, puntualmente caduta nel dimenticatoio malgrado le accese proteste delle popolazioni, petizioni e minacce di ogni tipo finanche quella di un referendum popolare per staccarsi dalla XX regione d’Italia incapace di fornire risposte ad una popolazione allo stremo e alle prese con il dilaniante fenomeno dello spopolamento. Un processo, quest’ultimo, che con il taglio di servizi fondamentali, come appunto la sanità, accelera la desertificazione delle aree interne la cui vertenza per sopravvivere, appare evidente, non è mai interessata a nessuno.
Disattesi anche gli innumerevoli richiami della Caritas diocesana e più in generale della Chiesa che ormai da tempo documentano l’abbandono di un lembo di terra condannato a morte dove pure i residenti, per lo più anziani, continuano a pagare tributi e balzelli per non avere nulla in cambio. A conferma di ciò il mancato adempimento di quanto imponeva il decreto Balduzzi che per il ‘Caracciolo’ prevedeva una serie di piccoli servizi ma al contempo essenziali. Insomma, si è di fronte ad un copione già visto che nessuno vuole cambiare.