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  • Spopolamento in Alto Molise, la Caritas accusa: «I nostri appelli caduti nel vuoto»

    Castelverrino e Chiauci sono i Comuni dell’Alto Molise che nell’ultimo decennio hanno riscontrato una maggiore negatività per quanto riguarda la popolazione residente. A Castelverrino restano solo 104 residenti, a Chiauci, dove non si è stati in grado neanche di presentare un candidato sindaco, la popolazione è di 204 unità. I decrementi più ridotti, al contrario, si sono registrati a Civitanova del Sannio (-2,5%) e Sant’Angelo del Pesco (-5,0%). Agnone resta la capitale dell’Alto Molise, ma scende sotto la soglia anche psicologica dei cinquemila abitanti, attestandosi a 4966 presenze alla fine del 2019. Belmonte del Sannio conta settecento abitanti, Capracotta 841, Carovilli tiene con 1280 residenti, complice la relativa vicinanza alla fondovalle Trigno e dunque a Isernia. Castel del Giudice, che pure dà segni evidenti di ripresa anche economica, è composto da 316 anime. Pescolanciano sta sugli 829 residenti, mentre Pescopennataro conta appena 257 abitanti, Pietrabbondante 668 e Poggio Sannita 621. Più in alto, morfologicamente, San Pietro Avellana 449 residenti e Sant’Angelo del Pesco 359. Chiude Vastogirardi con 660 persone presenti in paese.

    Sono i dati messi nero su bianco nel “Quaderno” a cura della Caritas diocesana di Trivento presentato nei giorni scorsi, al quale hanno collaborato Fabrizio Nocera, docente di storia dello Stato sociale all’Università del Molise, Maurizio Fiasco, sociologo, studioso della nozione di legalità e massimo conoscitore delle dipendenze dal gioco d’azzardo, Walter Nanni, sociologo e responsabile dell’ufficio Studi di Caritas Italiana, Antonia Cirulli, responsabile dei centri di Ascolto della Caritas Trivento e le docenti delle scuole superiori che hanno collaborato coinvolgendo i ragazzi nella somministrazione dei questionari. Dall’analisi dei dati emerge quello che è sotto gli occhi di tutti, il progressivo spopolamento dell’Alto Molise.

    «La mancanza di servizi e di opportunità lavorative spingono le famiglie a trasferirsi laddove la vita è più favorevole. – si legge nel Quaderno della Caritas – Si preferisce spostarsi nei capoluoghi molisani e nei centri limitrofi maggiormente sviluppati, quindi Campobasso, Isernia, Vasto, San Salvo, Termoli, ma molte famiglie sono anche costrette ad oltrepassare i confini regionali, e da alcuni anni è ripresa la migrazione verso i Paesi europei». Nel 2019 la popolazione residente totale per i comuni della diocesi, quindi Alto Molise, Alto Vastese e parte del basso Chietino, è diminuita di 723 unità. Come se Belmonte del Sannio fosse scomparso nel nulla. Questa diminuzione è dovuta alle negatività sia del saldo naturale, ossia nati meno morti (-380), che del saldo migratorio, calcolato come differenza tra iscritti e cancellati nelle anagrafi comunali (-343). Con il calo delle nascite e l’allungamento della vita, un altro fenomeno rilevante in Alto Molise è l’invecchiamento della popolazione, evidenziato anche dall’indice di vecchiaia che mette a confronto la popolazione giovanile (0-14) con quella anziana (65 ed oltre) e calcola in definitiva quante persone in età ci sono, rispetto a quelle giovani. Sono considerate “anziane” le persone con età che vanno dai 65 anni in su, ma vi è un’alta percentuale di ultraottantenni: esattamente il 12,9% sul totale della popolazione residente. «Anche l’edizione attuale del nostro “rapporto” conferma la deriva inarrestabile dello spopolamento: in un decennio i nostri paesi hanno perso 6.619 abitanti. – commenta don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana – Finora, nonostante le indagini precedenti, i nostri appelli sono caduti nel vuoto. Abbiamo deciso di lasciare oggi all’eloquenza nuda e ruvida dei numeri il compito di lanciare l’ennesimo invito alla conversione sociale, politica, culturale delle nostre comunità e di chi, posto alla guida di esse, condivida l’urgenza e la responsabilità di intervenire».

    «Le pagine che compongono questo testo, lungi dal voler essere sterile prodromo all’atteggiamento solito del rinchiuderci nel melanconico vizio del piangersi addosso, allorquando si leggono cifre degradanti verso il negativo e la tentazione pure sarebbe forte dinanzi a tante delusioni seguite puntualmente ad altrettante iniziative similari, vogliono essere invece di provocazione e di caloroso invito a rimboccarsi, in modo saggio e produttivo, le maniche. – aggiunge il vescovo Claudio Palumbo – Per mettere in pratica quel grido affettuoso ed accorato che San Giovanni Paolo II lanciò in Agnone, in quell’indimenticabile pomeriggio del 19 marzo 1995, quando ci raccomandò caldamente: Non rinunciate a progettare il vostro futuro».

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