Il ponte Sente attrazione turistica, per un turismo scientifico e tecnico, una sorta di reperto industriale e tecnologico degli anni ’70, quasi un museo di tecnologia e scienza delle costruzioni, un’immensa aula didattica per le facoltà universitarie di ingegneria d’Italia o addirittura del mondo. Potrebbe essere questa la seconda vita, o il piano B se si preferisce, del viadotto “Longo” che dorme, nella sua imponenza mozzafiato, in attesa che la politica e le istituzioni lo riconducano alla sua funzione originaria, cioè di collegare l’Alto Molise e l’Alto Vastese.
E una prima prova generale di questa seconda vocazione della struttura si è avuta poche ore fa, quando un ingegnere di un importante compartimento Anas del Nord Italia, in vacanza in Alto Molise, si è sentito letteralmente attratto dalla immensa struttura ingegneristica realizzata mezzo secolo fa, improvvisando qualcosa di molto simile ad un sopralluogo tecnico e una visita intellettuale e scientifica allo stesso tempo. Il richiamo non della foresta in questo caso, ma della tecnologia e della scienza.
Fatto sta che l’ingegnere in parola, il suo nome è del tutto irrilevante rispetto alla notizia, ha voluto percorrere l’intera lunghezza del viadotto per rendersi conto delle modificazioni del piano viario, per poi scendere alla base delle pile e addirittura insinuarsi all’interno della struttura, utilizzando la scala marinara a gabbia che permette di raggiungere il portellone di accesso del mastodontico scatolato in acciaio che costituisce la parte più grande e tecnologicamente stimolante dell’intera opera.
Il tecnico Anas, che sottolinea e rimarca di essere stato sotto, sopra e letteralmente dentro il ponte «in via del tutto informale e per puro interesse personale e scientifico», è rimasto rapito, quasi in estasi come avviene per i casi di sindrome di Stendhal, al cospetto del gigante d’acciaio e di calcestruzzo armato precompresso. «Una immersione fisica nella scienza delle costruzioni dei primi anni ’70. – commenta in preda ad una sorta di estasi contemplativa l’ingegnere dell’Anas – Ho potuto constatare di persona e letteralmente toccare con mano l’impiego di tecniche e di materiali assolutamente innovativi per l’epoca di realizzazione del viadotto, perché parliamo di cinquanta anni fa». Al netto della comprensibile emozione suscitata dalla struttura sull’ingegnere, abbiamo chiesto al tecnico un parere, sia pure informale, circa la perdurante chiusura al traffico del viadotto.
«Ogni giorno ispeziono ponti che sono messi molto peggio di questo e che restano tranquillamente in esercizio. – si lascia sfuggire l’ingegnere che tra l’altro è stato direttore di cantiere durante le fasi di ricostruzione e assemblaggio del nuovo ponte di Genova dopo il crollo del “Morandi” – Non conosco bene la storia e le vicende legate al viadotto “Longo”, perché lo hanno chiuso al traffico, per quali motivi specifici. Dovrei prendere visione e studiare in dettaglio i documenti e gli elaborati, ma non rientra nelle competenze del mio compartimento di appartenenza. Sono sicuro che i miei colleghi competenti per territorio sapranno fare egregiamente il proprio lavoro».
La sensazione diffusa, che tuttavia il super tecnico dell’Anas non si sbilancia a confermare per intuibili motivi di competenza, è che la politica abbia pesato più delle evidenze scientifiche nella scelta di chiudere al traffico l’importante struttura viaria.
E alla domanda sull’opportunità di spendere una cifra che si attesta intorno ai quaranta milioni di euro per il recupero e la riapertura al traffico del ponte l’ingegnere in vacanza è invece categorico: «Un’opera architettonica del genere non può andare perduta, a prescindere dal reale utilizzo o dal volume di traffico in esercizio. Un gioiello dell’ingegneria degli anni ’70 che va assolutamente conservato e preservato, consegnato alle future generazioni».
Insomma, costi quel che costi, in termini di milioni di euro, il viadotto sul Sente va sistemato e salvato, questa l’opinione del tecnico Anas, perché un gioiello va conservato per il suo valore intrinseco, anche se di fatto è inutile.
Francesco Bottone