Trent’anni fa, il 17 novembre 1993, Gaetano Scardocchia moriva su un marciapiede di New York stroncato da un infarto ad appena 56 anni. Il giornalismo italiano perdeva un suo grande protagonista, il Molise uno dei suoi figli più illustri.
Venti anni fa, nel decennale della scomparsa del suo insigne concittadino, il Comune e la Provincia di Campobasso promossero in suo onore un indimenticabile Memorial al quale, oltre alla vedova Rosemarie Zwerber e ai figli Susy e Fabio, parteciparono eminenti giornalisti, ex compagni di liceo (tra cui Fred Bongusto) e nel corso del quale fu presentato una biografia di Scardocchia edita da Enzo Nocera e firmata da Giuseppe Tabasso.
Nel decorso degli anni sono emerse sulla personalità di Scardocchia nuove e autorevoli testimonianze alla luce delle quali lo stesso Tabasso ha voluto riscrivere una più compiuta biografia che servisse a completare in modo definitivo la figura e lo spessore di un protagonista indiscusso del giornalismo italiano, anche per difenderlo da un’obsolescenza del tutto ingiustificata tenendo conto della grande lezione che egli lascia alle nuove generazioni di giornalisti.
Il volume in corso di stampa propone inoltre un’antologia tematica di articoli scritti per il Corriere della sera, per La Repubblica e per La Stampa, di cui Scardocchia fu direttore dal 1986 al 1990. Un materiale che contiene una esemplare lezione per rigore di ricerca, concretezza di stile e come modello professionale mai tanto attuale rispetto ai grandi processi di cambiamento attraversati dall’intero sistema mediatico.
“Il retaggio che egli ci tramanda – scrive Tabasso nella prefazione – è che nel giornalismo si può cambiare tutto, tranne i fondamentali del mestiere. Un mestiere che lui considerava un cardine della società, che concepiva come impegno morale ed esercitava “con un rigore da calvinista”, come ebbe a scrivere Vittorio Zucconi.