«Una intera stagione di sperimentazione è stata vanifica e gettata alle ortiche». Così Rossano Pazzagli, docente dell’Unimol e direttore scientifico della neonata “Scuola dei piccoli Comuni“, commenta negativamente l’applicazione della Snai, la Strategia nazionale per le aree interne che aveva promesso un rilancio delle “terre alte” e che invece si è dimostrata un sonoro bluff. Il docente universitario, in un articolo pubblicato sul portale on line “Civiltà Appennino“, tenta di rispondere alla domanda «Che fine ha fatto la Snai?».
«La Snai era una politica democratica, paziente, partecipativa e solidaristica nelle intenzioni, tendenzialmente egualitaria, centrata sui servizi alla popolazione, cioè sui diritti, basata sulla lettura del territorio e sul riconoscimento dei Comuni e delle rispettive comunità come soggetti primari della programmazione, estranea alla logica della competizione tra territori e tendente all’obiettivo della solidarietà e della coesione. – spiega Pazzagli – È inciampata nelle burocrazie ministeriali e nel ruolo non sempre positivo delle Regioni, ha scontato le difficoltà di una partecipazione svuotata e non facile da riattivare, ma aveva posto comunque le basi per una nuova idea di sviluppo locale endogeno, integrato, sostenibile e per contrastare lo spopolamento e la marginalizzazione delle aree rurali e montane». Insomma, l’idea era buona, ma la sua applicazione pratica lascia molto a desiderare.
«Neanche il tempo di raccoglierne i frutti e bum: è arrivato il ciclone PNRR che ha spazzato via anni di pratica pianificatoria, di riletture territoriali, di faticosi accordi tra Comuni, di protagonismo delle comunità locali. Un ciclone dall’alto, all’insegna del “tanti soldi e subito”, distribuiti secondo la logica dei bandi competitivi che sta seminando disgregazione al posto della coesione, concorrenza al posto della cooperazione». Dalla padella alla brace, questo lascia intendere il professore Pazzagli.
«L’obiettivo contingente della spesa si è sostituito a quello strategico della rigenerazione dei territori. – continua nella sua analisi l’accademico – Dopo essere stata resa lenta e vischiosa dalle burocrazie ministeriali e regionali, la SNAI è stata quindi inghiottita dal PNRR. In generale si sono sprecati tempo, energie e competenze». E secondo Pazzagli «aveva ragione a suo tempo Marco Bussone quando definì il bando borghi del PNRR “una lotteria”. Il risultato di una lotteria è casuale, quando va bene, ma può essere addirittura negativo».
«La competizione scatenata dai bandi e la fretta di spendere le risorse finanziare all’insegna del “sennò perdiamo i fondi”, come se spendere soldi fosse comunque un bene, – insiste il professore – porterà e già sta portando a un aumento delle disparità territoriali, che inevitabilmente si trasformano in disuguaglianze sociali. Crescerà la distanza tra chi è già avanti e chi è rimasto indietro, tra chi è in vista e chi non lo è. Sono tutti buoni a premiare i migliori, mentre la logica dovrebbe essere quella di aiutare chi è indietro. Ormai si è presi soprattutto dalla necessità di spendere e di spendere presto, più che dalla elaborazione di una vera e propria strategia di intervento».
Una bocciatura senza appello, dunque, quella di Pazzagli, rispetto alla logica che anima i bandi del Pnrr, ma lo stesso docente dell’Unimol indica una possibile soluzione: «Come si può reagire a questa situazione? Ripartendo dal basso e senza soldi, favorendo la partecipazione su strategie e programmi di rigenerazione socio-territoriale definiti a livello di aree omogenee, non tanto grandi, mettendo insieme sindaci, comuni, associazioni locali, ricreando fiducia e rispettando la natura, anteponendo al capitale finanziario il capitale sociale e ambientale di cui sono ancora ricche le aree interne italiane». Proposte e linee guida, queste ultime, che sono alla base della “Scuola dei piccoli Comuni” che prenderà il via nelle prossime settimane nelle “terre di mezzo” tra l’Alto Vastese e l’Alto Molise, precisamente a Castiglione Messer Marino.
Francesco Bottone