Non sono un diffamatore, ora è ufficiale, perché lo ha stabilito la sentenza n. 515/2013 del Tribunale di Vasto, emessa dal giudice Iannetta.
Dopo tre lunghi anni di attesa, durante i quali l’accusa di essere non un giornalista, ma un volgare diffamatore a mezzo stampa, ha pesato come una spada di Damocle sulla mia coscienza, è arrivata la sentenza di assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste.
Un giudice, la dottoressa Iannetta, ha stabilito ciò che ho sempre saputo, che non sono un diffamatore.
Il problema è che per dimostrare alla Procura di Vasto che non sono un diffamatore, come sostenuto invece dagli stessi uffici della Procura, ho sborsato 824,72 euro di spese legali.
Sono innocente, perché dopo tre anni di attesa lo ha stabilito una sentenza, diversamente da quanto messo nero su bianco dalla Procura che mi ha appioppato un decreto penale di condanna senza passare nemmeno davanti ad un giudice, ma per dimostrarlo devo pagare (tra l’altro l’avvocato che mi ha difeso mi ha fatto un prezzo di favore e lo ringrazio per questo).
Ero e sono innocente, assolto con formula piena perché il fatto non sussiste, ma devo pagare!
E’ questa la giustizia italiana.
Se il giudice ha stabilito che non sono un diffamatore mentre la Procura, tre anni fa, ritenne talmente diffamatorio un mio articolo al punto di non chiedere neanche di rinviarmi a giudizio, ma condannandomi direttamente con un decreto penale ad una pena pecuniaria, evidentemente la Procura prese un abbaglio, fece un errore, o no?
Dovrebbe pagare la Procura adesso, porca puttana!
Invece pagherò io e magari la prossima volta, prima di scrivere un articolo, ci penserò cento volte o addirittura non lo scriverò proprio.
E’ questa la libertà di stampa in Italia.
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