ROMA – Salvare Tim, ricreando un azionariato nazionale che arrivi al 30%. E’ l’appello che i ‘Pascale Boys’ lanciano dalle colonne del Sole 24 Ore. A firmarlo sono Piero Bergamini, Francesco Chirichigno, Umberto De Julio, Girolamo Di Genova, Vito Gamberale, Roberto Pellegrini e Roberto Rovera che, a vario titolo, hanno ricoperto i piu’ importanti ruoli di responsabilita’ tra Stet, Sip e Telecom Italia. Tutti vicini a quell’Ernesto Pascale, morto nel 2005, e capo della “Grande Telecom” degli anni Novanta, prima di quella che i sette top manager definiscono “una privatizzazione riuscita male”.
Di fronte al travaglio che sta vivendo il gruppo di tlc in questi giorni, i firmatari dell’appello sottolineano che “prima di tutto occorre evitare l’idea, puramente speculativa e cinica di vendere a pezzi Tim”. Bocciata anche la fusione, svincolata dai servizi, delle infrastrutture di Tim con Open Fiber. “Potrebbe forse essere la parziale soluzione del debito”, si legge nell’articolo, “ma non qualcosa di logico e industriale”. Ne deriverebbe “il colpo finale a Tim”.
Nasce da queste riflessioni “l’invito”, rivolto “con forza” al governo, alla Cdp e al sistema imprenditoriale, a “ricreare un azionariato nazionale che arrivi al 30% e diventi il fermo riferimento dell’azienda”. Il punto, sottolineano i sette top manager, e’ “ragionare su quello che deve essere una sano e funzionale assetto del settore in Italia, impedendo scorribande virtuali basate sulla ‘svendita’ dei servizi” e “rilanciare il sistema industriale delle tlc nel Paese”. Soltanto cosi’, concludono, sara’ possibile “difendere e sviluppare l’occupazione del settore”