AGNONE. Sale l’attesa in città per il consiglio comunale che aprirà l’ordine del giorno sul San Francesco Caracciolo. Una realtà sanitaria che garantisce servizi e cure ai residenti di un vasto territorio oltre i confini regionali; struttura che in soldoni pesa sulle casse della Regione Molise meno di tutte le altre; un presidio ad essere riconosciuto da Roma “ospedale di area particolarmente disagiata”, ma non nei fatti. Questi i temi di discussione che verranno affrontati nella sala consiliare di Palazzo San Francesco martedì 12 febbraio a partire dalle 18,00. A spingere per la convocazione dell’assise il gruppo di minoranza “Nuovo Sogno Agnonese” seriamente preoccupato sul futuro di quello che resta dell’ultimo avamposto della sanità pubblica.
All’appuntamento attesi i vertici dell’Asrem con in testa il dg Gennaro Sosto, il direttore amministrativo, Antonio Forciniti e il direttore sanitario, Antonio Lucchetti ai quali sarà chiesto di fornire risposte immediate. Dell’incontro informato anche il prefetto di Isernia, Cinzia Guercio e non è da escludere la presenza del vescovo di Trivento, Claudio Palumbo. Tra i presenti non potrà mancare don Francesco Martino, il prete che nelle ultime settimane ha lanciato il grido d’allarme sulla carenza di personale medico che, al pari della scarsità di macchinari, oggi rappresenta il vero problema del “Caracciolo”.
Capire dove intervenire resta il nodo cruciale dell’intera vicenda che per Agnone e i centri limitrofi è considerata di vitale importanza per la sopravvivenza di un’area alle prese con seri problemi di spopolamento, viabilità, lavoro e infrastrutture. La risoluzione alla tematica sanitaria, insomma, non è più rinviabile e occorre prenderla di petto assumendo anche qualche rischio. D’altronde la gente, che nel frattempo promette una partecipazione massiccia alla seduta, è arcistufa dei soliti proclami in realtà mai attualizzati. Eppure non si sta chiedendo la luna, policlinici o specializzazioni d’ultima frontiera, bensì rispettare quanto deciso a Roma. Ovvero lo status di “struttura particolarmente disagiata”, quello che a 49 chilometri di distanza, ad Atessa, è concretamente avvenuto.