• In evidenza
  • Niente ospedale nell’odg del consiglio comunale, Marcovecchio preferisce parlare di Bilancio  

     

    AGNONE. Doveva essere il tema principale della prossima assise civica, invece sarà il grande escluso. Come a dire che il futuro del San Francesco Caracciolo non interessi a nessuno. Questa la sensazione dopo aver appreso la notizia della convocazione del prossimo consiglio che si terrà martedì 30 luglio (ore 18,00) a Palazzo San Francesco. Un’assise incentrata interamente sul Bilancio comunale che di fatto non contempla la discussione di quanto accade in questi giorni per l’unico presidio ospedaliero di zona. Ieri mattina la riunione dei capi gruppo (assente Vincenzo Scarano) con Daniele Saia di ‘Nuovo Sogno Agnonese’ che ha tentato di far inserire nell’ordine del giorno la vicenda ‘Caracciolo’, tuttavia il tentativo si è rivelato vano. Eppure le dichiarazioni allarmanti del governatore Donato Toma che, in una recente visita in alto Molise, ha parlato di un ospedale di comunità, avrebbero dovuto far sobbalzare chiunque dalla sedia, amministratori in testa, i quali, avevano il dovere di chiedere per lo meno un incontro chiarificatore con il presidente della Regione e i commissari al fine di confermare o smentire una notizia che butta pensati ombre sul futuro della struttura. Contrariamente si vive un clima di calma piatta come se nulla fosse stato detto. Peccato che a dire certe cose non è sia stato lo scemo del villaggio, bensì il primo cittadino molisano, che al di là degli schieramenti politici, rappresenta una fonte istituzionale ufficiale. Così mentre in basso Molise, mamme, comitati civici, associazioni, sindacati e semplici cittadini stanno mettendo a ferro e fuoco il mondo politico regionale per la riapertura del punto nascita dell’ospedale di Termoli, in alto Molise la news servita da Toma è passata in sordina. Modi di pensare opposti, obietterà qualcuno. Intanto ad Agnone a farla da padrona è la rassegnazione. La poca voglia di lottare per far valere un diritto sancito dalla Costituzione come quello alla salute, è confermata dall’assordante silenzio di quelli che furono un tempo i fucilieri assaltatori, ovvero i comitati civici “Articolo 32” e il “Cittadino c’è” che con ricorsi alla giustizia amministrativa e  lenzuolate bianche tennero accesi (seppur con scarsi risultati concreti) i riflettori su una problematica vitale importanza per le popolazioni delle aree interne. Se i due comitati hanno preferito farsi da parte e mettersi in un angolo (almeno spiegassero il perché), lo stesso dicasi per la classe imprenditoriale locale che probabilmente fa finta di non capire il rischio a cui si va incontro. Pari responsabilità le hanno i cittadini e la Chiesa, non esenti da colpe, che di fronte lo sfacelo che si sta perpetrando restano apatici. Anche in questo caso lontani anni luce i tempi delle sommesse popolari come quella eclatante che vide la chiusura dell’ufficio del registro, o di quando, sua Eccellenza il vescovo Santucci, non risparmiava anatemi nei confronti dei politici di turno incapaci di dare risposte alle aree periferiche. In definitiva si è perduto anche lo stimolo per tornare a lottare e difendere a denti stretti quel poco che ancora si ha. Insomma, la nave affonda, ma sul ponte si continua a suonare e ballare nonostante il finale già scritto.

     

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.