La Squadra Mobile di Isernia ha denunciato due donne, una di 58 e l’altra di 31 anni, entrambe di origini campane, per truffa on line.
Le indagini hanno preso spunto dalla denuncia sporta da una giovane isernina che, visionati vari preventivi in materia di polizze auto su di un sito specializzato, dopo aver lasciato il proprio numero, era stata contattata da un fantomatico agente assicuratore di zona.
Per la stipula del contratto assicurativo annuale per l’autovettura della donna, una Smart, era stato concordato il prezzo per il competitivo importo di poco meno di 500 euro.
La donna aveva pagato l’intera quota del premio assicurativo, mediante accredito su presunto IBAN dell’agenzia, ricevendo sulla propria mail copia del contratto.
La malcapitata, tuttavia, avvedendosi di un errore nell’estremo della targa, aveva provato a ricontattare l’operatore telefonico indicato nel contratto per ottenere una correzione dei dati del veicolo, senza però riuscire a parlare con alcuno.
I poliziotti hanno scoperto un espediente molto ingegnoso e nuovo utilizzato dalle due malfattrici, comunque tale da indurre in errore anche una persona avveduta: le stesse avevano, infatti, richiesto l’attivazione di un servizio (tramite apposito sito internet) a pagamento di assegnazione automatica e temporanea di un numero telefonico di rete fissa localizzato, ossia con prefisso di note città italiane capoluogo di provincia.
Avevano poi apposto artatamente la citata utenza fissa sullo pseudo contratto di assicurazione, come prova dell’esistenza dell’ufficio customer care della compagnia assicurativa, chiaramente estranea ai fatti.
L’utenza, una volta contattata, smistava la chiamata all’utenza mobile rilasciata dalle donne al momento dell’attivazione del predetto servizio, che rimane sconosciuta a chi effettua la chiamata.
Le indagini hanno consentito di accertare che l’IBAN su cui la vittima aveva effettuato il pagamento era in realtà il codice della postepay di una delle indagate.
Le due dovranno ora rispondere di concorso nel reato di truffa e rischiano da sei mesi a tre anni di reclusione.