In merito alle dichiarazioni dell’assessore alla Caccia della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente, che chiede un ampliamento della stagione venatoria e piani di prelievo anche nei parchi, al fine di contenere il numero esorbitante di cinghiali, interviene il presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese, Massimo Pellegrini.
«La Regione Abruzzo e le Province in venticinque anni hanno cercato di applicare un’unica ricetta per gestire i danni da fauna selvatica: sparare sempre di più. Il risultato? Fallimento su tutta la linea! Con il contorno di decine di sentenze dei giudici amministrativi a tutti i livelli che hanno bocciato l’operato della regione in questi ultimi decenni. Invece di scommettere su recinti elettrificati, ecodotti sulle strade, censimenti scientifici, strutture tecnico-amministrative adeguate con biologi e naturalisti specializzati in fauna selvatica, si pensa di risolvere il problema sparando letteralmente le ultime cartucce. Invece di riflettere sui loro errori, Imprudente cerca pensa di aprire la caccia a cervo e capriolo, ampliando la stagione venatoria e addirittura scommettendo sulla braccata per gestire il cinghiale, la tecnica più errata in quanto non selettiva, come è noto da decenni.
Tra l’altro sempre più turisti vengono in Abruzzo per osservare gli animali in tranquillità, immaginiamo quanto saranno contenti dello “spettacolo” degli spari in pieno agosto sulle nostre montagne e campagne. Che sia solo l’ennesima manovra pro-cacciatori il fatto che sui rimborsi dei danni invece di far sborsare i denari agli Ambiti Territoriali di Caccia, come chiediamo da anni per responsabilizzare i cacciatori, la regione propone di ricorrere alla fiscalità generale nazionale. Che dire poi della regionalizzazione dell’Istituto Superiore per la Ricerca e Protezione dell’Ambiente, il massimo organo nazionale scientifico di studio della fauna?
In Abruzzo la regione non riesce a garantire i censimenti delle principali specie che vengono svolti da noi volontari da decenni. Insomma, siamo al populismo faunistico che scava sotto al fondo del barile per nascondere venticinque anni di fallimenti nella gestione e prevenzione dei danni da fauna selvatica che diventano il solito alibi per far sparare di più agli animali».