Solo studiando si ottiene ciò che si vuole. Questo è il mantra che i genitori cercano di inculcare ai propri figli che crescono convinti di questo. Niente di più falso. O, meglio, talvolta non è così.
Lo hanno capito subito, le migliaia di giovani italiani che, dopo aver sostenuto il test di ammissione per la facoltà di medicina e chirurgia, sono tornati a casa e in rete hanno appreso del famigerato plico già aperto. Rabbia, frustrazione, rancore sono solo alcuni dei sentimenti che i candidati hanno provato.
Qualcuno di loro, però, si è ribellato e ha scritto alla redazione. Si chiama Alberto Di Bartolomeo ed ha deciso di alzare la voce contro il sistema. Noi, abbiamo risposto e abbiamo capito che Alberto, sognava davvero di diventare medico. Ora è smarrito: «Non so cosa fare in alternativa. Studio Scienze biologiche ma speravo di entrare a medicina e di iniziare la carriera quindi butti un altro anno a preparare quei test, con domande impossibili, e vai lì convinto di poter vincere quella lotteria ma, in realtà, i giochi sono già fatti» racconta il giovane al quale abbiamo deciso di fare una piccola intervista perché, in fondo, Alberto è uno di loro, gli studenti truffati dal sistema.
Tu, hai fatto il test all’Unimol. Lì, tutto regolare?
«Nella mia aula, mi è sembrato di si. I commissari sono stati precisi e il sistema ha funzionato direttamente tuttavia, con i test nazionali un’irregolarità in qualsiasi università ha conseguenze dappertutto».
Quindi, che hai pensato quando hai saputo del plico aperto a Bari?
«Sono rimasto sorpreso. Con il numero chiuso, c’è sempre qualcuno che cerca di fare il furbetto però, sai, ci resti male, resti deluso. C’è gente che rinuncerebbe a tutto per diventare medico e aiutare il prossimo. Ora mi chiedo: un medico che ha corrotto il sistema per cominciare? Onestamente, sono spaventato».
Credi che quello di Bari sia stato un caso isolato?
«Si parlava di gente che entrava da porte secondarie, commissari che dettavano risposte, foto delle prove scattate nei bagni…»
Pare che il test non venga ripetuto, che ne dici?
«Il Ministero ha scaricato tutto sul Tar. Se n’è lavato le mani. Credo perciò che in Italia non viga la meritocrazia bensì la scienza del trovare la strada più facile, la strada della furbizia o quella del più potente…»
Ritieni che il Miur abbia colpe?
«Non su tutto. Il numero chiuso è una trovata che non approvo: si che ci siano stati degli illeciti in passato eppure il Ministero non ha cambiato una virgola nelle procedure. Finora si è limitato a fornire delle direttive ma è compito dei singoli atenei e dei commissari controllare che non si verifichino irregolarità o brogli».
Ti va di dare un messaggio ai tuoi colleghi furbetti?
«Vergogna»!
E che diresti ai commissari corrotti?
«Non voglio essere ripetitivo ma… vergogna»!
Insomma, i tuoi genitori ti insegnano la lealtà e poi sei costretto a scontrarti con un sistema che tradisce quanto hai appreso sull’etica. Ora ti fidi del sistema educativo italiano?
«Ci si può fidare di qualcosa che finge di non vedere? O, più genericamente, come possiamo noi giovani avere fiducia di un governo che non si preoccupa dei giovani? C’è un losco giro di denaro dietro le procedure di ammissione e credo che sia proprio per questo motivo che i test di ammissione non vengano eliminati».
L’università italiana finalmente insegna qualcosa ai propri studenti: la corruzione.
Fantastico, no?
Giovanni Giaccio