Destagionalizzare il turismo, valorizzare percorsi lenti e offrire un rapporto diretto con il territorio attraverso esperienze alternative legate alla biodiversità. E’ l’affascinante e per certi versi innovativa proposta di rigenerazione delle aree interne che passa attraverso un’attività che l’uomo pratica da millenni: l’apicoltura. Ne ha parlato, stimolando la curiosità unanime dei presenti, Greca Nathascia Meloni, antropologa dell’ambiente e filmmaker che lavora come ricercatrice Postdoc al Dipartimento di Antropologia Culturale e Sociale dell’Università di Vienna.
L’apicoltura, l’allevamento di api, o meglio del super-organismo chiamato alveare, può rappresentare un concreto strumento di rigenerazione delle aree interne, che tra l’altro offrono una ricchezza di biodiversità invidiabile, una sorta di paradiso terrestre per gli insetti impollinatori appunto.
Ed è stata la proposta, provocatoria e stimolante, della dottoressa Greca Nathascia Meloni: l’apiturismo. Non solo allevamento e produzione di miele o di polline o di propoli, ma anche un’attività attrattiva dal punto di vista turistico, perché il mondo delle api esercita un fascino quasi ancestrale nell’uomo. E ha citato, la dottoressa Meloni, le nuove attività che si stanno sviluppando piuttosto velocemente attorno all’apicoltura, dagli apiari olistici, in grado di offrire una esperienza di benessere totalizzante semplicemente respirando l’aerosol prodotto dagli alveari o ascoltando le frequenze del ronzio delle api stesse, fino all’api-terapia, una branca innovativa, supportata da dati medico-scientifici, che riscopre in realtà i millenari impieghi terapeutici dei prodotti dell’alveare, dal miele al veleno d’api.
E ha citato i casi virtuosi della Polonia o, meglio ancora, della Slovenia, l’antropologa Meloni, dove addirittura l’apicoltura è divenuta una pratica culturale inserita nella lista Unesco del patrimonio immateriale dell’umanità. E senza andare troppo lontano o addirittura oltre confine, a Castel del Giudice si sta già puntando sulle api per tentare di innescare un processo di rigenerazione territoriale, grazie appunto all’apiario di comunità, una realtà sostenibile e che contribuisce, in concreto, non solo a chiacchiere, alla conservazione della biodiversità. Un mondo tra l’altro, quello dell’apicoltura, particolarmente adatto alla promozione dell’empowerment delle donne.
Francesco Bottone