Arcicaccia, Eps e Liberacaccia Abruzzo: «Non più rinviabile l’apertura del prelievo venatorio ai cervidi».
Le tre associazioni venatorie hanno sottoscritto un protocollo d’intesa. Critiche sulla gestione del cinghiale «inadeguata, solo palliativi».
Le sezioni regionali d’Abruzzo delle associazioni venatorie Arcicaccia, Eps, Liberacaccia hanno stipulato in data 11 novembre 2017 un atto d’intesa recante il raccordo e l’attività comune e congiunta sui seguenti punti di azione:
la delicatezza dell’ampia varietà degli habitat abruzzesi, unitamente alla presenza di numerose aree protette, alla vocazione agricola del territorio, sempre meno attenzionata e virata verso i sistemi dell’agricoltura globalizzata impongono una nuova gestione da parte delle amministrazioni di settore, Ambiti territoriali di caccia in primis, attraverso strumenti pianificatori e normativi che non possono essere abbandonati alla libera e spontanea determinazione di istanze burocratiche o politiche non raccordate né con i territori né con i diretti fruitori;
posto che sono in atto le rivisitazioni del Piano faunistico venatorio, nonché della l.r. n. 10/2004, è imprescindibile la conseguente necessità di interloquire ed intervenire senza mediazioni sulle tematiche, sugli argomenti, sulle scelte e sugli indirizzi in trattazione;
non è più ritardabile la costituzione di un Osservatorio faunistico regionale al quale sia assegnata la funzione prioritaria di raccogliere i dati sullo stato di conservazione della fauna selvatica stanziale o migrante nel territorio regionale e sulle dinamiche tutte che la riguardano;
la gestione della specie cinghiale non appare in alcun modo adeguatamente affrontata secondo scelte di pianificazione e regolamentazione del prelievo non perfettamente operative sul territorio, nemmeno adeguatamente calate sulle diverse realtà usuali di prelievo e che, comunque, al cospetto della burocratizzazione operata, appaiono solo dei palliativi non in grado di corrispondere il necessario sistema adeguato d’intervento;
non è più rinviabile l’apertura del prelievo venatorio ai cervidi, oggi oggetto di un bracconaggio incontrollato, tutto a discapito del valore intrinseco di tali specie di selvaggina, nonché a danno di una cultura venatoria ancora da costruire nella nostra Regione, che giammai potrà dover subire, magari a causa di poco lungimiranti scelte di burocrazia venatoria, degli irreparabili “danni da forcipe”;
la redazione annuale ballerina ed altalenante dei calendari venatori, poco adattati alle reali consistenze della fauna selvatica venabile, e da ricondurre in primis agli archi temporali di cui all’art. 18 cpv. l. 157/1992, non risponde ad una stabilizzazione delle regole amministrative di prelievo, né appare confacente con la necessità di addivenire ad una corretta gestione delle specie per il tramite del mantenimento o della ricostituzione degli habitat naturali;
le attività, le dimensioni e l’organizzazione degli Ambiti territoriali di caccia devono essere completamente riviste nel pieno rispetto delle disposizioni di cui all’art. 14 commi 11 e 14 l. 157/1992 – da intendersi allo stato attuale della normativa – quali obiettivi di azione concreta e di impegno di spesa da parte degli stessi;
deve essere completamente ricostruita la migliore interfaccia con il mondo agricolo anche attraverso previsioni specifiche di sostegno volte alla ricostituzione dei paesaggi rurali tradizionali, anche in modo da incentivare le pratiche agronomiche meglio compatibili con le esigenze di riproduzione, sopravvivenza, alimentazione e rifugio della selvaggina (venabile e non);
quale obiettivo di lungo termine, appare proficuo intraprendere una gestione faunistico-venatoria in Abruzzo per la quale, stante le peculiarità e le attrazioni del territorio della Regione Abruzzo e delle sue tipicità culturali ed enogastronomiche, si possa arrivare ad una produzione di redditualità specifica.