Tre lauree in tasca, una passione infinita per la medicina e un amore viscerale per la sua terra. È la storia di Armando Falasca, classe 1950, medico chirurgo di Schiavi di Abruzzo, al confine con l’alto Molise, che dopo cinque anni di pensione ha deciso di rimettersi il camice per una missione: salvare il suo ospedale.
“Il primo amore non si scorda mai”, confessa con un sorriso sotto i baffi il dottor Falasca, che per quarant’anni ha prestato servizio nel reparto di Chirurgia del San Francesco Caracciolo. Una vita in corsia che non bastava: dopo la laurea in Medicina e quella in Archeologia, sta per conseguire il terzo titolo in Andropolgia all’Università Tor Vergata di Roma.

È uno dei dodici “angeli in pensione” che hanno risposto alla chiamata disperata dell’Asrem per far fronte alla drammatica carenza di personale medico, un’emergenza che sta mettendo in ginocchio gli ospedali italiani, soprattutto nelle aree interne. “In tempo di ‘guerra’, intesa come cronica carenza di professionisti, ho sentito il bisogno di essere vicino alla mia gente”, spiega. “Oggi per una semplice visita devono recarsi a Isernia, Campobasso o Vasto. E poi”, aggiunge con passione, “non mi andava affatto di dimenticare una professione per la quale mi sono speso per tutta la vita”.

La prossima settimana il dottor Falasca tornerà in prima linea, questa volta in Pronto Soccorso, per due turni settimanali. Ma non nasconde le sue preoccupazioni sul futuro della sanità pubblica: “Affinché non sia fumo negli occhi della gente, l’Asrem e la Regione Molise devono capire che bisogna investire nel servizio pubblico con concorsi e rendere attrattive le strutture. Non è pensabile concedere quanto si dà oggi al privato che inevitabilmente sta risucchiando in un vortice mortale gli ospedali pubblici”.
Paura per questo ritorno in corsia? “Sinceramente nulla”, risponde deciso il medico, che oltre alla professione coltiva anche quattro ettari di terreno con produzione biologica di olio, frutta e ortaggi. “Ho esperienza, passione e se devo dirla tutta a casa mi stavo un po’ annoiando, malgrado lo studio per la terza laurea e i miei impegni in campagna”.
Ma il contratto di sei mesi con una retribuzione di 80 euro lordi all’ora non può essere la soluzione definitiva. “La nostra volontà di tornare in trincea non durerà in eterno”, avverte Falasca. “Saremo dei traghettatori. Se nell’arco di un anno, un anno e mezzo, non ci saranno nuovi innesti sarà la fine per queste aree che vivono una condizione di inferiorità rispetto ad altre zone. L’indennizzo? Sinceramente è l’ultima cosa a cui ho pensato quando ho deciso di accettare – conclude -. Degli 80 euro all’ora di cui tanto si è parlato, circa la metà andrà via per tasse e assicurazione”.