PIANE D’ARCHI – «Ridare dignità alle ottime carni di cinghiale e impreziosire anche i diversi tagli, ciascuno adatto per preparazioni diverse. In ultima analisi trasformare il “problema” cinghiale in una vera e propria risorsa culinaria per il territorio».
E’ questo il senso dell’iniziativa promossa dall’associazione di cuochi “Custode della Tradizione“, spiegato dallo stesso presidente, lo chef Claudio Pellegrini, lanciata per la prima volta in Abruzzo nella giornata di ieri presso un noto ristorante a Piane d’Archi. E per convincere il numeroso pubblico che davvero il cinghiale può essere una straordinaria risorsa culinaria se messo in filiera, lo chef Pellegrini e i suoi collaboratori non hanno usato le chiacchiere, quelle che tanto piacciono ai politici e ai sindaci, ma un delizioso menù che ha conquistato tutti. Pilaf di riso al peperone dolce di Altino con ragù di cinghiale, con l’aggiunta di maionese d’oca e guanciale croccante; timballo al cioccolato con cinghiale, con cuore di zucca, salsa di pecorino e riduzione di mosto cotto; controfiletto di cinghiale in crosta con provola affumicata, funghi di bosco e salsa di montepulciano d’Abruzzo e per dolce il gran finale, anche scenografico, con una porchetta in salsa di vaniglia bourbon. Uno spettacolo per la vista e per il palato. Nella presentazione lo chef Pellegrini ha insistito sulla «necessità di avere cinghiali di prima qualità», chiaro il riferimento alle modalità di prelievo. La braccata, metodo largamente usato in Abruzzo, purtroppo non consente di mantenere una elevata qualità delle carni, per ragioni insite nelle modalità stesse di caccia. I cinghiali braccati dai segugi sono costretti a lunghe corse, consumano glicogeno e producono acido lattico. La presenza di questa sostanza di scarto rende le carni non propriamente pregiate, favorendo, insieme alle contaminazioni batteriche, il processo di decomposizione. Se invece nei muscoli dell’animale è presente il glicogeno nel corso del processo di frollatura le carni acquisteranno quelle caratteristiche di morbidezza e gusto che le rendono altamente competitive e apprezzabili al palato, adatte anche a preparazioni audaci come appunto quelle proposte dallo chef Pellegrini. Per ottenere una buona frollatura, dunque, è assolutamente necessario che l’animale sia prelevato in selezione e non in braccata. Un discorso, questo, difficilmente digeribile per i tanti cinghialai presenti che notoriamente osteggiano la caccia di selezione, con la complicità delle associazioni venatorie. «Quando ho avuto tra le mani questo cinghiale che poi ho utilizzato per la cena di questa sera, – ha spiegato lo chef Pellegrini – ho diviso i vari tagli della coscia ad esempio e ho riscontrato quelle caratteristiche che si possono notare nei più pregiati tagli provenienti da carni di allevamento. Ho addirittura provato a scottare leggermente un pezzo di polpa, trovandola davvero tenera, ben frollata e succulenta. Questo convegno-cena di oggi è il primo di una serie di eventi che organizzeremo in Abruzzo per rilanciare e impreziosire le carni di selvaggina. L’obiettivo è anche quello di scrivere, man mano, un ricettario, dodici proposte inventate da noi chef per stimolare il consumo di carne di cinghiale anche nella ristorazione di qualità».
Francesco Bottone
tel. 3282757011