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  • Cinghiale da problema a risorsa: Tagliamonte spiega l’evoluzione del prelievo venatorio

    Il cinghiale da problema a risorsa per il territorio. L’evoluzione del prelievo venatorio in Italia“. E’ il titolo del convegno che si terrà sabato 4 settembre, dalle ore 17 in poi, a Frosolone, presso Villa Artemide, in piazza Alessandro Volta, a cura del centro culturale “Concetta D’Antonio”. Relatore dell’evento culturale l’avvocato e cacciatore di Agnone, Alfonso Tagliamonte.

    Carni di eccellente qualità, a chilometro zero, biologiche per definizione, ad impatto ambientale nullo per quanto riguarda il consumo di suolo o di risorse strategiche quali l’acqua, senza antibiotici. «La carne di selvaggina cacciata proviene da animali nati e vissuti in libertà, senza alimentazione forzata e senza alcun trattamento farmacologico o vaccinale. Tale aspetto rende la carne di selvaggina nettamente più salubre rispetto alla carne proveniente da allevamenti intensivi. – spiegano dalla Fondazione Una, nell’ambito del progetto Selvatici e buoni – La selvaggina è infinitamente più etica e salubre della carne di allevamenti intensivi: non subisce trattamenti farmacologici, garantisce una riduzione della produzione di CO2 e del consumo di terreno e di acqua, inoltre limita l’impatto ambientale dovuto alle produzioni zootecniche».

    Ecco dunque la eccezionale risorsa a disposizione di un territorio, come quello del Molise, che invece vede la presenza del cinghiale ancora come un problema. In realtà gli ungulati rappresentano una straordinaria fonte di cibo salubre, perché, come spiegano gli esperti, la carne di selvaggina presenta meno grassi rispetto ad altre carni allevate e ha un alto contenuto di acidi grassi Omega-3 dalle note caratteristiche anti-infiammatorie. Inoltre è una buona fonte di proteine e sali minerali come ferro e zinco.

    «Dopo un’intera vita vissuta libera nell’ambiente naturale, gli animali vengono prelevati con la massima professionalità, attraverso un’attività venatoria corretta e rispettosa, garanzia del benessere animale e dell’ambiente. In questo modo le carni di selvaggina offrono caratteristiche organolettiche migliori e un ottimo sapore, non risentendo dei fattori di stress tipici degli animali cresciuti in allevamenti intensivi e macellati in catena» spiegano dalla fondazione Una.

    Imprescindibile, dunque, prelevare correttamente i cinghiali, con metodi che non provochino stress agli animali. La classica braccata, ad esempio, porta i selvatici a correre anche per ore, ingenerando uno stress ossidativo nell’organismo dell’animale che compromette non solo le qualità organolettiche delle carni, ma anche il loro sapore. Poco più che carogne, adatte al massimo per sfamare i cani. L’unica modalità di prelievo che permette invece di ottenere carni selvatiche di altissima qualità è quella selettiva. La caccia di selezione appunto, tecnica verso la quale si sta orientando sempre di più il mondo venatorio, inevitabilmente viste anche le continue “raccomandazioni” dell’Ispra, nonostante le resistenze di frange estreme di “cinghialai” e allevatori di cani da seguita.

    Di queste tematiche parlerà l’avvocato Alfonso Tagliamonte, con competenza e passione, nel corso dell’evento culturale previsto a Frosolone.

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