In riferimento alla richiesta di parere all’Ispra presentata dalla Regione Abruzzo, circa il prolungamento della caccia collettiva al cinghiale fino alla fine di gennaio, con il fine di contenere la proliferazione degli ungulati, dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale arriva una sonora bocciatura alla tecnica di caccia comunemente definita braccata. Nulla di nuovo, per la verità, e inoltre l’Ispra consiglia alla Regione di estendere e incentivare la caccia di selezione, che invece, dati alla mano, sembra dare risultati in termini di contenimento della specie.
«Nel caso in esame, – si legge nel documento dell’Ispra con protocollo 56445 del 1/12/2020 – l’estensione del periodo di prelievo del cinghiale in caccia collettiva al 31 gennaio 2021 appare coerente con l’attuale quadro normativo e, pertanto, lo scrivente Istituto esprime parere favorevole alla richiesta in oggetto». E fin qui tutto ok, poi però Ispra va oltre, scendendo nel dettaglio del parere tecnico.
«Al riguardo, si evidenzia tuttavia che permane comunque il divieto di caccia su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve (art. 21, c. 1, lett. m) L. n. 157/92). – continua il documento firmato dall’Ispra – In merito alla necessità di estendere il periodo di attuazione della braccata ai fini di limitare gli impatti negativi e le consistenti criticità lamentate in regione Abruzzo legate alla proliferazione della specie cinghiale, si ritiene opportuno evidenziare che i risultati di una serie di studi, riportati nella recente letteratura scientifica, e i dati derivanti da diversi contesti italiani suggeriscono che tale forma di caccia:
• modifichi la struttura sociale e genetica delle popolazioni,
• modifichi il comportamento riproduttivo delle popolazioni, favorendo la produttività delle femmine,
• possa rappresentare una forma di disturbo ambientale rilevante sia per il cinghiale sia per le specie non target;
• favorisca il rischio di frammentare i gruppi familiari (poiché difficilmente permettono un tiro preciso e selettivo su animali in fuga, soprattutto se inseguiti da segugi), provocando un allontanamento incontrollato dei cinghiali,
• favorisce una maggior mobilità dei cinghiali verso aree meno disturbate (p.e. nei pressi di ambiti urbanizzati, nelle zone agricole più antropizzate, o nei diversi e numerosi Istituti di protezione disseminati per il territorio), dove aumenta il rischio di danni, di incidenti stradali e di diffusione di malattie infestive ed infettive portate dalla specie.
Per questi motivi, la caccia collettiva in braccata, non ha dimostrato efficacia nel contenere né le presenze di cinghiali né i danni da questi causati là dove, ad esempio, è stata impropriamente utilizzata per effettuare interventi di controllo ai sensi dell’art. 19, c.2, della L. n. 157/92 o in Istituti di protezione o in periodi diversi da quelli previsti all’art. 18, c. 1, lett. d) della L. n. 157/92.
Pertanto, questo Istituto ritiene che difficilmente un eventuale prolungamento della caccia al cinghiale avrà un qualche tangibile effetto nel contenimento dei danni che ci potranno essere tra la primavera e l’estate prossime e invita la Regione a incentivare l’attuazione della caccia di selezione in tutto il territorio, a coinvolgere la componente venatoria e regolamentare l’attività al fine di rispondere, con Piani di prelievo mirati e selettivi, alle criticità individuate».