SCHIAVI DI ABRUZZO – Dalla contea di Akershus manca da un paio d’anni. Dalle navi da crociera che ha pilotato solcando i mari di mezzo mondo, di più: una quindicina. Ma il piglio dell’avventuriero non lo ha mai perduto, Terry Nilsen, 71 anni, fisico asciutto, 1,90 di altezza, 43 di scarpe. Dopo angoli di virate e manovre sulle eliche di propulsione, l’uomo del Regno di Norvegia, Paese non Ue, ha gettato l’ancora nel centro storico di Schiavi d’Abruzzo, a 1.200 metri di altitudine. Viene da pensare a Noè che finì con l’arca sul monte Ararat dopo i giorni del diluvio universale.
Ma come, un vichingo in piazza Vittorio Emanuele, di fronte alla chiesa patronale di San Maurizio, nella ex reale farmacia Tredicine, al civico 7? Ma qui non c’erano i sanniti? Certo, ma quelli sono venuti dopo. Come Terry, del resto. Che qui, incantato dalla bellezza dei luoghi, come sottolinea, ha acquistato due case, le ha ristrutturate e ora le ha messe in vendita perché è venuto il momento di solcare altri mari, sempre sulla terra ferma da quando è giunta la pensione, e spostarsi altrove. Come i guerrieri che fecero la storia dell’Europa dall’VIII all’XI secolo.
«I norvegesi sarebbero disposti a venire qui a investire, come ho fatto io», racconta nel salottino di una casa semplice ma tanto accogliente, «del resto siamo avventurieri e non ci fermiamo davanti a nessuna difficoltà. L’Abruzzo è come un diamante non trattato, purissimo, ma per renderlo catturabile ci vorrebbero collegamenti aerei con Oslo e pacchetti turistici che consentano ai miei connazionali di rendersi conto della bellezza di queste zone».
Il comandante Nilsen, originario della capitale Oslo, dalla quale si è allontanato a 18 anni, è approdato in Abruzzo una decina di anni fa, dietro suggerimento di alcuni amici italo-canadesi di Toronto. Tant’è che Nilsel ha il doppio passaporto norvegese e canadese. A Oslo i genitori erano proprietari di un albergo. «Ho conosciuto un muratore di Schiavi che mi ha portato qui cinque anni fa: volevo una seconda casa in montagna, dopo quella che avevo preso a Vasto. Appena ho visto questa, dove c’era l’ex farmacia, l’ho comprata e ristrutturata. L’idea iniziale era di far venire gruppi di vacanzieri norvegesi e svedesi. Ma i miei propositi non hanno avuto il successo sperato. Avevo in mente altre cose, ho dovuto fermarmi. L’altra casa, quella dietro l’angolo, era per un mio amico, anche lui ufficiale di crociera che stava per andare in pensione. Come me, era senza famiglia e voleva investire da queste parti. Nel frattempo ho venduto un immobile a Lanciano. Poi il mio collega è morto e la sua casa l’ho ricomprata. Anni fa», sottolinea Nilsen, «era molto più facile accedere al credito delle banche, adesso è un disastro. Vorrei tanto investire nel turismo, ci sono molteplici possibilità di sviluppo per i borghi che stanno lentamente morendo, ma resto interdetto quando vedo che questo patrimonio immenso di bellezze naturali che ha l’Abruzzo non viene sviluppato a dovere. Bisogna puntare sui servizi che non ci sono. I miei connazionali vanno nei borghi dove le vacanze si possano trascorrere nella più assoluta tranquillità, ma il minimo indispensabile deve pur esserci. Siamo arrivati al punto, invece, in cui si piange soltanto. Mi dispiace. Eppure», auspica Nilsen, «bisogna lavorare insieme, ricercare lo spirito dell’immediato Dopoguerra in cui non c’era niente di niente eppure tutti si davano da fare senza sosta».
Insomma, non è andata come era nelle premesse. Infatti, Nilsen le case le ha messe in vendita perché vuole andare via. «Voglio finire i miei giorni in Norvegia», conclude, «anche perché finora sono stato bene in salute, ma qui il sistema sanitario non mi copre come nel mio Paese. La nostra è un’altra mentalità». Allora arrivederci, comandante Nilsen. «Far vel, Rossano».
di Rossano Orlando
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