Donato di Arezzo, il libro di don Erminio Gallo.
Continuano le pubblicazioni del parroco di Celenza sul Trigno già parroco di Schiavi di Abruzzo.
Pubblichiamo, per gentile consessione dell’autore, la prefazione di don Francesco Martino al saggio storico di don Erminio Gallo sulla figura di San Donato vescovo di Arezzo.
Il vescovo San Donato, Vescovo di Arezzo, vissuto tra il III e IV secolo d.c., ed evangelizzatore della Chiesa Aretina, confessore della fede, è l’oggetto del nuovo lavoro di ricerca di Don Erminio Gallo, dottore in Storia della Chiesa, Parroco di Celenza sul Trigno, di cui il Santo è Patrono, e Cancelliere Vescovile della Diocesi di Trivento.
Obiettivo dell’autore è quello di ripercorrere, e fare luce, con taglio divulgativo, sulla vicenda agiografica inerente la figura di San Donato, per offrire una conoscenza globale e sicura dell’intera questione, che rimane aperta a nuove scoperte e nuovi studi.
L’autore parte dal quadro storico di riferimento dall’imperatore Decio (201-251 d.c.) all’invasione del Re Goto Randagasio ( circa 405 d.c.), quindi passa ad analizzare le varie “Passioni di San Donato” per ricercarne gli elementi storici sicuri, passa ad esplorare i Martirologi, i Sacramentari, e un’omelia di San Pier Damiani, per vedere come nella tradizione della Chiesa sia stata recepita la figura del santo, infine cerca di fare luce sulla controversa questione del martirio, che fu attributo a Donato solo dopo il 350 d.c. da alcune fonti documentarie.
Dopo aver sinteticamente spiegato il valore, l’importanza, il significato, la spiritualità e il genere letterario degli Atti e delle Passioni dei martiri nella vita della Chiesa e in relazione alla nascita della legenda agiografica, l’autore passa ad analizzare le tre documentazioni relative più importanti relative alla figura di Donato, evidenziando come queste, per riempire la scarsità di notizie sulla figura del Pastore di Arezzo, presentino varie contaminazioni con atti simili, in cui si vuole evidenziare anche delle tematiche relative a problematiche teologiche o prassi ecclesiali contingenti. L’autore evidenzia in modo particolare le similitudine con la “Passio Sacnti Pimenii” di questi scritti.
Approfondendo le varie questioni, ed analizzando le tematiche in esse contenute, l’autore evidenzia come la più antica documentazione delle Passioni di San Donato, la prima, non possa risalire oltre fa fine del VII – inizio dell’VIII secolo d.c., e presenterebbe contaminazioni con la vicenda di San Donato di Antiochia, mentre la II presenta confusioni con la vicenda di San Donato di Evorea in Epiro, la cui vicenda divenne nota all’universo cristianità tra la fine del V e il VI secolo d.c., e sicuramente databile dopo il IX secolo d.c., risalente al corpus cosidetto della “Famiglia Sveva”, in quanto rinvenute nei codici dell’antico ducato di Svevia (St. Gallen, Reichenau e Lorsch). La terza Passione di San Donato, invece, va datata intorno all’XI secolo, e nasce da una riscrittura della prima, da cui nascono le Famiglie di San Eutizio di Norcia e l’Aretino Senese: doveva costituire la fonte agiografica ufficiale della Chiesa Aretina e fu commissionata dall’episcopato aretino, e presenta numerose contraddizioni, tanto che nei secoli XII e XIII il clero aretino elaborò due varianti, di cui una attribuita al Vescovo Severino. L’autore passa ad analizzare la questione della donazione del tribuno romano Zenobio al Vescovo Donato di Arezzo delle pievi site in terra senese, intorno al 377 d.c., evidenziandone la sostanziale probabilità di autenticità ed evidenziando come nella sua disputa contro l’Ughelli il Lazzari mirasse più a dimostrare questa realtà piuttosto che avvalorare la tesi che il martirio di San Donato non sia mai avvenuto sotto Giuliano l’Apostata, cosa che avrebbe fatto cadere la possibilità di dimostrare questa questione “terrena”.
Dopo aver riportato il testo tradotto delle tre passioni di San Donato, con le varianti, Don Gallo ricava la probabilità della nascita di Donato ad Arezzo, la comune attestazione della vita monastica, da cui nasce l’ascetismo e la capacità taumaturgica, avente come fine la conversione, mentre sul martirio non vi sono convergenze tra i testi, che rimangono discordanti, individuando alcuni il fatto sotto Diocleziano (304 d.c.), altri sotto Giuliano l’Apostata (364 d.c.) o Randagasio (405-406 d.c.).
Passando all’analisi delle fonti liturgiche, nel Martirologio Geronimiamo codice Bernese si trova la data del 7 agosto e l’affermazione che San Donato è celebrato come Vescovo e Confessore, nel codice Epternacense è celebrato con altri 7 martiri, da qui l’attribuzione della qualifica di martire, nel codice Wissemburgese come vescovo e confessore. I martirologi successivi, come quello di Beda, lo considerano “vescovo e martire”morto sotto Giuliano l’Apostata di spada, quello di Adone di Vienne riprende complessivamente le informazioni della Prima Passione di San Donato, e lo colloca martire il 7 agosto sotto Giuliano, quello di Usuardo, di Rabano Mauro, di Wandelberto, il Calendario Mozarabico, il Calendarium monasterii beati Petri Nestvediensis, il martirologio del Baronio non aggiungono nulla di più.
Il successivo testo del Ferrari sulle vite dei Santi riporta esattamente tale figura in merito a Donato, mentre il Fiorentini evidenzia la confusione fatta del martirio dei sette santi martiri e Donato, che invece è solo un confessore della fede, e la confusione con la figura di Donato di Evorea. Infine, il Martirologio Romano pubblicato sotto papa San Giovanni Paolo II lo presenta solo come Vescovo di Arezzo.
Il Sacramentario Gelasiano lo considera vescovo e confessore, il Monasticum Lateranense come vescovo e martire, San Pier Damiani, nella sua omelia a lui dedicata, lo considera vescovo e martire.
Fatto questo excursus, l’autore affronta la questione del martirio di San Donato, analizzando criticamente le fonti presentate, e riportando il dibattito storico tra tutti gli autori da lui presi in considerazione, e conclude che le fonti più certe evidenziano che San Donato non è stato mai martirizzato, ma è stato considerato vescovo e confessore, quindi analizza la questione della sepoltura del santo sul colle della Pionta e le successive vicenda della nascita della basilica a lui dedicata, della traslazione, dell’ultima ricognizione canonica sui resti del santo del 2012, e la diffusione del culto.
In conclusione l’opera di Don Erminio Gallo presenta un quadro pressoché completo ed esaustivo della “quaestio Sancti Donati” che consente di discernere gli elementi certi e storicamente probabilmente veritieri da quelli leggendari e frutto di contaminazioni varie, per orientare meglio alla conoscenza della figura di questo santo, italianissimo e toscano di nascita, e alla sua importanza per il culto, la fede e la storia della Chiesa Aretina e della Chiesa italiana.
Don Francesco Martino