Episodio inquietante, perché seriale, quello che si è registrato nel pomeriggio di martedì in località Colle Sant’Angelo, agro di Belmonte del Sannio. Un’autovettura lasciata in sosta in quella zona è stata distrutta da un rogo di chiara origine dolosa. I Vigili del fuoco del distaccamento di Agnone sono prontamente intervenuti, ma al loro arrivo il veicolo era già un ammasso di lamiere bruciate. Si pensa ora al movente, atteso che l’autocombustione è un fenomeno piuttosto raro e visto che esattamente in quella zona, sempre nel dicembre, ma di due anni fa, un’altra autovettura venne distrutta da un rogo. E guarda caso, non proprio per una singolare coincidenza, anche in quell’occasione, l’incendio interessò il veicolo di un cercatore di tartufo, precisamente di una Citroen C4 di proprietà di un tartufaio di Fossalto.
Insomma pare ci sia un bosco sul territorio comunale di Belmonte del Sannio, in località Colle Sant’Angelo appunto, dove inspiegabilmente le autovetture prendono fuoco, soprattutto, anzi soltanto quelle di proprietà di cercatori di tartufo. Un bel mistero sul quale indagare, anche se probabilmente non servirà scomodare gli indagatori dell’occulto e dei fenomeni paranormali, ma basterà l’attività di indagine posta in essere dai Carabinieri della compagnia di Agnone, competenti per territorio. Che i due episodi, del tutto identici, siano da inserire nel solco di atti intimidatori, veri e propri avvertimenti di stile malavitoso, è del tutto evidente. Il territorio di Belmonte del Sannio è ricco di tartufi e questo prodotto alimenta una forte concorrenza tra i vari cercatori, anche perché non tutti rispettano le norme e le regole imposte. Tesserini e autorizzazioni spesso vengono dimenticati, come il pagamento delle relative tasse, e un po’ tutti, quasi da hobbisti, si dedicano alla redditizia ricerca del prezioso prodotto del bosco.
Un enorme flusso di denaro del tutto sommerso che alimenta un’economia parallela la quale a sua volta permette sicuramente alle famiglie dei cercatori di guadagnare e anche di rimanere nei piccoli centri montani dell’Alto Molise, ma poi probabilmente sfocia in episodi poco piacevoli, come le intimidazioni, fatte di pneumatici tagliati, fiancate rigate o forate, e addirittura le auto dei rivali date alle fiamme.
Una “guerra” tra cercatori di tartufo, perché di questo si tratta, anche se alle autorità la parola dà fastidio. Più che guerra, tuttavia, che implica una certa lealtà tra i contendenti, il termine esatto sarebbe faida, perché si tratta di azioni intimidatorie per motivi d’interesse che sfociano nel campo dell’illegalità e quasi della criminalità organizzata. L’ultimo episodio, in paese, ha infatti trasmesso alla cittadinanza il senso di un territorio controllato non dallo Stato e dalle sue emanazioni istituzionali, ma da una “banda” non meglio precisata che non si fa scrupoli ad usare anche metodi che vanno ben oltre la legge per tenere lontani i concorrenti cercatori di tartufo. «Ormai siamo peggio di Scampia» ha commentato con amarezza un ex amministratore locale che teniamo anonimo per evitargli magari problemi.