Ecco il discorso integrale che Papa Giovanni Paolo II fece ad Agnone in occasione della visita fatta il 19 marzo 1995 in Molise.
Carissimi Fratelli e Sorelle!
Sono riconoscente al Presidente della Regione ed al Signor Sindaco di Agnone per le gentili parole che mi hanno rivolto, interpretando i comuni sentimenti e ricordando le tradizioni cristiane e l’intelligente operosità della gente molisana. Ringrazio anche i rappresentanti degli agricoltori e degli artigiani, che hanno voluto dare voce delle aspettative ed ai problemi delle campagne e dell’artigianato dell’Alto Molise.
Porgo il mio fraterno saluto al Pastore di questa Diocesi, Monsignor Antonio Santucci, e ai Vescovi della Regione ecclesiastica Abruzzo-Molise, qui convenuti come anche ai sacerdoti presenti. Saluto pure le Autorità civili e militari presenti, non senza riservare un particolare pensiero per il Prefetto Enrico Marinelli, che incontro volentieri nella sua terra natale.
Rivolgo, infine, il mio cordiale benvenuto a voi, lavoratori molisani, e in particolare a voi artigiani, ai quali ho desiderato dedicare l’annuale incontro con il mondo del lavoro nella festa di San Giuseppe. Sono felice di essere in mezzo a voi in questo antico Centro del Molise, che ha diffuso nel mondo messaggi di cultura e di fede, veicolati dal lavoro dei suoi figli e, in qualche modo, anche dal suono delle sue famose campane.
Avrò tra poco la gioia di assistere alla “colata” di una nuova campana della Fonderia Marinelli: una campana che recherà in bassorilievo la profezia di pace di Isaia (Is 2, 4) e che sarò lieto di donare, quale simbolo di preghiera e di pace, all’Organizzazione delle Nazioni Unite, in occasione della mia visita in autunno a tale alto Consesso Internazionale. La fusione del bronzo e di altri metalli per la realizzazione della campana mi sembra una bella metafora augurale per un mondo che ha più che mai bisogno di armonizzare, e quasi di “fondere” le sue diversità in un solido progetto di pace. Trovo inoltre molto significativo che la colata delle campane di Agnone sia accompagnata dalla preghiera, specialmente dall’invocazione della Madre di Dio. Questo antico rito, mentre esalta il senso profondo del lavoro umano santificato dalla fede e dall’orazione, esprime la profonda religiosità che alimenta la vita e la storia di questa Città. E questo introduce molto bene il nostro incontro dedicato al lavoro.
Il ricordo di San Giuseppe, l’umile carpentiere di Nazaret, e del suo lavoro, santificato dalla presenza del Figlio di Dio, sollecita a riaffermare con forza la dignità di quella dimensione fondamentale dell’esistenza umana che è il lavoro, e stimola all’impegno per assicurare un’occupazione dignitosa a tanti che in questo momento vivono il dramma della disoccupazione o sono vittime di condizioni di lavoro indegne dell’uomo.
In contrasto con quanti considerano il lavoro come una merce e l’uomo come uno strumento di produzione, la Chiesa, fedele alla Parola di Dio, sottolinea costantemente il principio secondo cui “il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro” (Laborem Exercens, Essa proclama senza sosta il primato dell’uomo sull’opera delle sue mani. Tutto deve essere subordinato alla realizzazione della persona umana: il capitale, la scienza, la tecnica, le risorse pubbliche e la stessa proprietà privata.
Questo primato dell’uomo va concretamente garantito in ogni situazione, evitando che la logica capitalistica ed economicistica introduca forme aperte o latenti di subordinazione del lavoro al profitto. Ciò comporta il riconoscimento della dignità del lavoro umano nelle sue molteplici dimensioni: la dimensione spirituale e, in certo senso, divina, che lo rivela quale continuazione dell’opera amorevole del Creatore e ne fa comprendere ed accettare gli aspetti penosi nella luce del mistero pasquale di Cristo; la dimensione sociale, che fa del lavoro un veicolo di solidarietà e di condivisione, specie in rapporto alle esigenze della famiglia e alla promozione del bene comune; la dimensione morale, grazie alla quale il lavoro è vissuto come responsabile accoglienza del progetto di Dio, nell’adempimento della sua legge; la dimensione planetaria, che esige il superamento di quelle strutture di peccato che sono cause non secondarie del tragico e crescente sottosviluppo in tante aree del pianeta. Sono dimensioni inerenti a ogni tipo di lavoro, anche se quest’oggi ne facciamo una speciale applicazione al settore dell’artigianato.
Cari artigiani, la vostra cultura e la vostra tradizione vi portano a cogliere quasi d’istinto il senso di queste esigenze della dottrina sociale della Chiesa. I ritmi e le condizioni di vita, imposti alle persone ed alle famiglie dalla società industriale, hanno introdotto mutamenti non sempre positivi nel modo di concepire l’operosa attività dell’uomo. Tra questi destano preoccupazione la disaffezione dal lavoro, la perdita del senso del suo valore per la crescita della persona, la frequente ricerca di un’occupazione in vista della sola retribuzione. In tale contesto, talora frustrante e disumanizzante, che porta a sottovalutare la dimensione soggettiva del lavoro, occorre un’opera paziente e coraggiosa di ricostruzione del sano rapporto tra lavoro e persona, tra impresa e protagonismo del singolo, tra profitto e bene comune.
Proprio questi obiettivi trovano sovente una felice realizzazione nelle imprese artigiane. In esse, infatti, la relazione diretta dell’uomo con la sua opera e l’autonomia di scelta nelle attività portano a privilegiare il profilo qualitativo del lavoro, lo spirito d’iniziativa, la promozione delle facoltà artistiche e la libertà del lavoratore, nonché il rapporto corretto dell’uomo con la macchina, la tecnologia e lo stesso ambiente.
Grandi sono i meriti accumulati dall’artigianato nel corso dei tempi: basti pensare al contributo che, in tante Nazioni europee, la vita delle corporazioni artigiane ha dato alla presa di coscienza della dignità dell’uomo e allo sviluppo della democrazia. La civiltà artigiana ha costruito, altresì, grandi occasioni di benessere e di incontro tra i popoli, consegnando alle epoche successive mirabili sintesi di cultura e di fede.
Che dire poi dell’opera formativa svolta nelle botteghe artigiane? Esse risultano autentiche scuole in cui il giovane viene iniziato all’arte, ma soprattutto alla vita: l’opera competente ed autorevole del maestro, infatti, formando in lui l’artigiano, lo educa alle grandi virtù dell’umiltà, dell’ascolto, della pazienza, della costanza, del sacrificio, essenziali per la maturazione della persona.
Inoltre, lo stretto collegamento tra impresa artigiana e famiglia ha creato le condizioni ideali di un processo educativo incentrato sull’affettività, sulla laboriosità e sulla socialità. Nella vostra terra, poi, la famiglia ha avuto un ruolo determinante anche in ambito economico. Intorno ad essa, infatti, ruotava tutto un sistema di interessi, di valori e di comportamenti, in cui erano ben armonizzate le esigenze della vita sociale e quella di una sana economia. Alla famiglia era in gran parte affidata la custodia delle risorse naturali del territorio, della sua vitalità produttiva, del suo equilibrio tra ambiente, ricchezza e lavoro dell’uomo.
La storia recente della vostra terra coincide molto spesso con quella delle difficoltà dell’artigianato e con il rilevante fenomeno dell’emigrazione. Quest’ultimo ha portato altrove notevoli energie fisiche e intellettuali, impoverendo il tessuto umano e culturale delle vostre contrade e mettendo in crisi le tradizioni artigiane un tempo fiorenti. Di tali eventi rimangono segnali, spesso drammatici, l’invecchiamento della popolazione e lo spopolamento di paesi in passato ricchi di vita e di attività.
Di fronte a questa difficile situazione, non sono mancati, tra voi, lodevoli tentativi volti a sostenere e rilanciare l’impresa artigiana adeguandola alle mutate leggi dell’economia e del mercato. Per continuare a coniugare benessere e cultura, il mondo artigiano non può ridursi ad una sopravvivenza elitaria e volontaristica, ma necessita di una programmazione attenta e costante e del sostegno di tutte le componenti della società.
In proposito, desidero esprimere vivo apprezzamento per quanto le Chiese locali stanno facendo, ormai da alcuni anni, per lo studio della situazione e la sensibilizzazione ai problemi del territorio, nonché per la promozione di iniziative di formazione socio-politica. Un contributo significativo a tale impegno verrà anche dalla prossima celebrazione del Sinodo della Diocesi di Trivento, che si propone di sviluppare i temi della nuova evangelizzazione e della promozione umana. Sono, questi, segni di speranza che meritano un fattivo incoraggiamento e un generoso coinvolgimento da parte di tutti.
Carissimi artigiani e voi tutti contadini e lavoratori del Molise, non arrendetevi di fronte ai gravi problemi del momento e non rinunciate a progettare il vostro futuro!
Nonostante il declino di molti settori, voi avete continuato con pazienza e tenacia a custodire una cultura produttiva silenziosa ma efficace, che oggi può diventare fattore determinante per l’avvenire della vostra Terra.
Non può mancare, tuttavia, il forte e convinto impegno delle Pubbliche Autorità, per una politica di sostegno di tutta l’attività economica della Regione: un programma concreto ed immediato di sviluppo che stimoli individui e comunità a riconsiderare la potenzialità delle risorse esistenti, e ripensi tutta la politica degli investimenti, impedendo l’ulteriore declino dell’occupazione, l’esodo e l’insicurezza di prospettive in alcune zone della Regione nonché l’inurbamento selvaggio in altre.
Un sostegno equilibrato e attento a tutti i settori dell’economia regionale dovrà essere guidato dalla consapevolezza della pari dignità e della complementarità tra le varie espressioni economiche, compresa quella dell’artigianato che tanto rilievo conserva per lo sviluppo integrale della compagine regionale.
Sarà doveroso, inoltre, proteggere la qualità del territorio, superando la tentazione di emarginare, rispetto ai servizi essenziali, le zone più ferite dall’emigrazione, dallo spopolamento: solo ripristinando dappertutto condizioni di vita ottimali, si consentirà a ciascuno di rimanere nella terra dei suoi avi e nella sua casa. Si tratta di problemi che vanno risolti alla luce di una forte cultura della solidarietà e della giustizia: non si promuove vero progresso, se si abbandonano a se stessi i più piccoli e gli ultimi.
Occorre, infine, investire risorse ed energie in progetti di formazione che promuovano, soprattutto tra le giovani generazioni, un’attenzione nuova al rapporto natura-uomo-ambiente e una mentalità imprenditoriale aperta al dialogo tra imprese artigiane, mercati e nuove tecnologie.
Cari artigiani, cari agricoltori, lavoratori tutti, prima di incontrarvi ho celebrato l’Eucarestia nel santuario mariano di Castelpetroso, tanto caro ai Molisani. I vostri avi hanno trovato nell’incontro con il dolore e l’offerta di Maria e con la Croce del Signore la forza per riprendere il cammino e per puntare verso traguardi più grandi.
Il terzo millennio cristiano, ormai alle porte, trovi anche voi pronti ad imparare dalla Vergine la grande virtù della speranza, che anche nella fatica quotidiana e, non di rado, nell’incertezza per il domani fa camminare fiduciosi verso il futuro.
Vi protegga San Giuseppe. E siano per voi modelli e guide sicure i Santi e i testimoni della fede del Molise: San Francesco Caracciolo, il Beato Antonio Lucci e il Servo di Dio Padre Matteo da Agnone.
Di cuore tutti vi benedico.
Al termine del discorso il Santo Padre aggiunge alcune parole.
Vorrei dire alla fine a San Giuseppe, nel nome di tutti coloro che si incontrano qui: ecco vedi come abbiamo cercato di festeggiare la tua solennità, San Giuseppe artigiano, San Giuseppe sposo di Maria, San Giuseppe padre putativo del nostro Salvatore, ti salutiamo e ti ringraziamo per la tua protezione sui valori fondamentali dell’uomo, il valore della famiglia e il valore del lavoro umano. A tutti vorrei offrire una benedizione nel nome della Santissima Trinità e con l’invocazione di Maria e di San Giuseppe.
Alla conclusione dell’incontro, i lavoratori hanno presentato al Santo Padre i loro doni. Ringraziandoli Giovanni Paolo II pronuncia le seguenti parole.
Voglio ancora ringraziare per questa accoglienza, accoglienza calorosa, anzi più che calorosa. Anche la temperatura è aumentata qui, il vento è meno forte. Allora grazie per questa accoglienza e per i tanti doni che ho ricevuto. E soprattutto per il dono di questa accoglienza con cuore aperto. Io ho visto, ho sentito nelle parole dei vostri rappresentanti, e anche del Vescovo, che questa visita è molto apprezzata dai molisani. Valeva la pena di venire qui. Alcuni hanno capito meglio il mistero di Cristo, dell’Incarnazione, che oggi si celebra attraverso la figura di San Giuseppe, che era così vicino, così introdotto nel mistero dell’Incarnazione. Valeva la pena per il Figlio di Dio, per il Verbo eterno, venire in questa terra, farsi uomo; valeva la pena perché ha trovato accoglienza nella cittadina piccola di Betlemme, perché ha incontrato accoglienza buona tra gli umili, tra i puri di cuore, tra i semplici. È questa una lezione evangelica che si scrive senza parole, si scrive dall’esperienza vissuta. Ecco l’esperienza vissuta oggi, in questa visita in Molise, è questa. E volevo dirvi alla fine che questa è la lezione evangelica che avete dato voi al vostro Papa. Ringrazio San Giuseppe che mi ha portato qui, ringrazio San Giuseppe che ci porta in tanti posti umili del mondo, e oggi per avermi portato qui. Auguro alle vostre famiglie e al vostro lavoro tutta la benedizione del Signore. Sia lodato Gesù Cristo!