“Paolucci e D’Alfonso continuano a mortificare la sanità territoriale colpendo ancora una volta le Guardie mediche. Arriva l’ennesimo pasticcio creato della Regione Abruzzo in campo sanitario questa volta ai danni di 280 medici delle Guardie mediche che si vedono tagliare le proprie indennità di rischio. L’assessore Silvio Paolucci, con la DGR numero 398 del 18 luglio scorso, ha praticamente deciso che dal prossimo 1 agosto i medici non devono più percepire i 4 euro in più per ogni ora di lavoro, una cifra che va ad aggiungersi ai 22 euro l’ora stabiliti dal contratto nazionale. Ma non solo: bisogna attivarsi per recuperare tutte le somme fin qui illegittimamente elargite e parliamo di circa 60 mila euro a dottore”.
Questa la denuncia sollevata dal Presidente della Commissione vigilanza e consigliere regionale Mauro Febbo.
“Il sindacato Smi- spiega Febbo – ha già giustamente annunciato barricate e vertenze per difendere un diritto acquisito undici fa nel 2005 poiché parliamo di, per ogni medico, di una somma derivante dall’indennità di rischio che si aggira su 500 euro lordi al mese. Incredibile come questa Regione con una DGR riesca facilmente a stravolgere gli accordi di lavoro nazionali, andando a eliminare i diritti acquisiti dei lavoratori. Una Regione dei due forni: si allinea in maniera veloce e rapida alle decisioni della Procura della Corte dei Conti solo quando non vengono toccate gli atti contenenti decisioni di interesse di questo esecutivo regionale. È vergognoso quello che avviene in campo sanitario ai danni dei cittadini. In Abruzzo le sedi della continuità assistenziale sono rimasti gli unici presidi a tutela della salute dei cittadini, soprattutto quelli residenti nella più interne. Adesso assisteremo ad fuggi fuggi di dottori non più disposti ad operare in quelle aree interne mettendo a rischio la qualità dei servizi. Pertanto – conclude Febbo – porterò il caso in Commissione vigilanza e verificherò la legittima della DGR in questione al fine di verificare se la decisione adottata dalla Regione era l’unica plausibile da percorrere o se vi erano percorsi diversi o altri atti da compiere al fine di continuare a tutelare la salute pubblica nei territori interni e montani senza incorrere questo ulteriore ed inutile pasticcio”.