«Le attività di controllo della fauna selvatica, in particolare degli ungulati, di fatto e sorprendentemente sono state drasticamente ridimensionate a totale ed evidente detrimento della tutela della incolumità pubblica, della salvaguardia delle coltivazioni agricole e, non da ultimo, della sicurezza stradale». E’ quanto mette nero su bianco, in una nota indirizzata ai verti della Regione Abruzzo, il delegato regionale dell’Enalcaccia, Pasquale Di Marco.
Il riferimento è alla recente modifica della legge regionale sulla caccia, nella parte che norma le attività di controllo dei cinghiali in particolare. La modifica, in vigore dal 20 maggio scorso, un pasticcio sotto dettatura, ha di fatto paralizzato gli abbattimenti di cinghiali, proprio in una fase delicata per le colture agricole. «Al comma 4 si prevede che all’interno dei centri urbani gli interventi di controllo siano svolti con la presenza e il coordinamento degli agenti di pubblica sicurezza, – sottolinea Di Marco – come se le Forze dell’ordine potessero mettere a disposizione il proprio personale, già notoriamente carente, distogliendolo magari da doveri istituzionali più rilevanti o urgenti. Inoltre, nel comma 7, è previsto che la Regione, per l’esecuzione dei piani di abbattimento, può avvalersi di soggetti diversi, ma non dei cacciatori opportunamente formati che, invece, rappresentano il vero potenziale per fronteggiare in maniera efficace la problematica.
A riguardo, con nota sentenza n.21/2021, la Corte costituzionale, ha disposto che i cacciatori, adeguatamente formati, possono partecipare alle operazioni di controllo della fauna selvatica, in deroga alla 157/1992. Con la presente, – chiude Di Marco – si richiede di procedere, con l’urgenza del caso, alla revisione dei commi 4 e 7, inserendo la figura del cacciatore o persona adeguatamente formata, a tutela dell’incolumità pubblica, della salvaguardia delle coltivazioni agricole e della sicurezza stradale che tutti i portatori di interesse attendono».