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  • L’Africa di padre Celestino Ciricillo

    L’amico giornalista Mimmo Lanciano cura dal 2012 la rubrica “Lettere a Tito” sul sito www.CostaJonicaWeb.it di Messina. In tali sue missive scrive spesso di Agnone e dell’Alto Molise, come in questa recente “Lettera n. 115” in cui ricorda Padre Celestino Cicicillo e la sua collaboratrice dottoressa Elisa D’Onofrio (entrambi personaggi assai conosciuti e amati in Agnone e dintorni). Noi qui riportiamo il testo integrale di tale lettera, che nel sito messinese è corredata di altre fotografie. Chi volesse vedere l’originale  (che ha già guadagnato migliaia di contatti in pochi giorni) può cliccare sul seguente link http://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-115-lafrica-di-padre-celestino-ciricillo/

    Caro Tito,

    nella precedente “Lettera n. 114” accennavo al grande, speranzoso ma anche doloroso, travaso di popoli che sta avvenendo sotto i nostri occhi dai paesi poveri verso i paesi ricchi. Una vera e propria “invasione”. Dimensioni bibliche ed epocali. L’America Latina cerca di riversarsi su Stati Uniti e Canada, mentre Africa, Medio ed Estremo Oriente prevalentemente sull’Europa, invece l’Australia cerca di ridurre al minimo l’immigrazione dal Sud-Est Asiatico. Queste spinte sembrano seguire quelle delle masse continentali che provocano i terremoti.

    Tanti sono i fattori che spingono sempre più genti a cercare “pane e lavoro” e, comunque, miglior futuro là dove immaginano di poterlo trovare, ovvero nei Paesi d’impronta capitalistica ed “occidentale”. Ricordo che negli anni Cinquanta si scioperava in Calabria (e un po’ in tutto il Sud Italia) innalzando cartelli e striscioni dove c’era scritto “Pane e Lavoro”… le cose più semplici e indispensabili dell’esistenza eppure le più difficili e negate (come ha ricordato giorni fa Papa Francesco esortando i governanti del mondo ad assicurare a tutti proprio “Pane e Lavoro”)! … Ma c’è un fattore che è il “peccato originale” di tutto questo caos e squilibrio tra popoli e continenti: il colonialismo (e i suoi derivati nascosti) in qualsiasi forma si manifesti. I paesi più aggressivi d’impronta capitalistica ed occidentale, negli ultimi cinque secoli hanno talmente sfruttato e continuano a spremere i popoli più deboli e remissivi … talmente tanto da indurli a lasciare la propria terra natìa per cercare sopravvivenza e fortuna nei paesi colonizzanti o più industrializzati. Così è successo pure con l’Italia meridionale, che, a sèguito dalla violentissima colonizzazione del Nord dei Savoia dal 1860 in poi, si è pressoché svuotata e desertificata per l’emigrazione.

    Si suole dire che la “Storia è maestra di vita” … ma come mai i popoli ripetono sempre i medesimi errori nel corso dei secoli e dei millenni?… Si potrebbe affermare: perché l’egoismo acceca! Ed è probabilmente così. I popoli più aggressivi preferiscono depredare o addirittura annientare i popoli più deboli piuttosto che avere più o meno le stesse cose collaborando. Si è poi visto, nel corso dei millenni, che la violenza, la sopraffazione e le predazioni diventano veri e propri “boomerang” che ritornano con una infinità di problemi. Accade così per i popoli come per le persone. La violenza alla lunga si ritorce su chi la fa. La civiltà occidentale, causa di imperialismi di ogni genere, è destinata, prima o poi, a cedere il passo proprio ai popoli soggiogati. Adesso, siamo soltanto all’inizio di tale ritorsione logica, storica e naturale insieme. Le nostre generazioni stanno pagando lo sfruttamento esasperato di questi popoli che adesso si stanno ribellando per disperazione, la disperazione cui li ha portati l’Occidente & Co. E’ bene ricordarsi di ciò, per capire meglio cosa sta succedendo e cosa probabilmente succederà ancora. Il benessere dei paesi ricchi ha troppi difetti, troppi scheletri nell’armadio!

    Qui bisogna ricordare quell’antico proverbio che dice “Non dare il pesce, ma insegna a pescare”. Così avrebbero dovuto fare i popoli egemoni con gli altri popoli i quali, avendo tante ricchezze specialmente in materie prime, avrebbero dovuto essere “partners” utili, dignitosi e collaborativi non soggiogati o addirittura massacrati per essere depredati. Una simile politica di collaborazione sarebbe costata meno tragedie e meno sangue, meno squilibri e maggiore e migliore ricchezza per tutti indistintamente. Ne era convinto pure Padre Celestino Ciricillo (nella foto), un sacerdote francescano dell’Ordine dei cosiddetti Cappuccini.

    Nato in Sant’Elia a Pianisi (in provincia di Campobasso) da umile famiglia il 26 dicembre 1926 era stato mandato ad Agnone del Molise per ricostruirne il convento verso la metà degli anni Cinquanta. Abile e avvincente predicatore, verso i primi anni Sessanta, ripristinata la comunità conventuale agnonese, decise che era giunto il momento di mettere maggiormente in pratica ciò che andava predicando e andò missionario in Africa centrale dove a Bébédjià, in Ciad (in zona semidesertica, a 600 km a sud della capitale N’Djamena), rese concrete le opere del suo amore umano e cristiano.

    Per prima cosa non fece alcuna campagna di proselitismo cattolico (come taluni missionari invece fanno come prima cosa) ma cercò di realizzare le strutture più necessarie per quelle popolazioni: un piccolo ospedale, innanzi tutto, e poi laboratori per insegnare specialmente a giovani, uomini e donne, mestieri utili alla comunità nativa. Tutto ciò, tradotto in cifre, ha significato in 25 anni di lavoro: 16 ettari recintati, parte dei quali adibiti a produzioni agricole, 25 edifici, di cui un “ospedale regionale” con 60 posti letto, poliambulatori, scuole di alfabetizzazione e professionali (per cucito, tessitura, maglieria, igiene, ecc.). Con gli anni si sono aggiunti operatori socio-sanitari inviati dal governo ciadiano, vista l’importanza del complesso per tutta quella regione. Secondo Padre Celestino, era il buon esempio, eventualmente ed unicamente, che avrebbe potuto o dovuto attrarre al cristianesimo qualche persona locale, non la predicazione come proselitismo o convincimento. Ecco, Padre Celestino preferiva insegnare a pescare non a dare assistenzialismo. Così facendo (senza invasioni culturali e tanto meno religiose, ma soltanto con molto tatto e sensibilità, con le opere utili per tutta quella comunità), ebbe la simpatia di tutti i locali (Autorità e popolazione anche musulmana). Dal 1975 sua ottima collaboratrice in Ciad come poi in Italia è stata Elisa D’Onofrio (medico missionario, nata in Poggio Sannita, paese altomolisano, il 9 dicembre 1938), qui in una recente foto dell’amico e collega giornalista agnonese Vittorio Labanca, cui devo pure l’immagine del bel bambino nero.

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    Tornato nel 1990 in Agnone assieme alla dottoressa Elisa (dopo aver lasciato alla Diocesi ciadiana di competenza, retta dal vescovo Michele Russo, un complesso socio-sanitario davvero assai efficiente), volle portare con sé alcuni giovani colpiti da poliomielite (per cercare di farli il più possibile guarire chirurgicamente a Firenze) e altri giovani i quali, dopo aver studiato scienze infermieristiche, potessero tornare in Ciad per essere utili al loro stesso popolo. Ecco, la teoria dell’insegnare a pescare. Con l’aiuto di alcuni volontari altomolisani, Padre Celestino ed Elisa D’Onofrio fondarono l’associazione onlus C.A.S.A. (Cooperazione Attività Sociali Assistenziali) per sostenere le iniziative benefiche in Italia e in Ciad. Sempre con l’intento di formare giovani africani per l’Africa (seguendo la teoria dell’insegnare a pescare), Padre Celestino fece venire in Agnone numerose suore, provenienti dal Burundi, le quali, dopo aver conseguito il diploma di infermiere o di ostetriche (ma anche di altre figure socio-sanitarie), sono tornate in Africa non soltanto per lavorare a favore delle loro popolazioni ma anche per travasare ad altri ciò che avevano imparato in Italia.

    Questa Opera è continuata per più di 18 anni anche dopo la morte di Padre Celestino (avvenuta in Agnone proprio diciannove anni fa, in stima di santità, il 30 maggio 1996 per malaria, malattia contratta in Africa), con la guida della dottoressa D’Onofrio e con il sostegno di un apposito “Comitato di Lodi” formato da persone di questa generosa città lombarda. Infatti,  la C.A.S.A. ha cessato di operare in Agnone nel dicembre 2014, per due motivi: la malferma salute della dottoressa Elisa D’Onofrio (che per curarsi si è dovuta trasferire a Roma) e la mancanza di chi avesse potuto continuarne la preziosa eredità.

    Caro Tito, della Chiesa Cattolica ho sempre ammirato soprattutto i missionari come Padre Celestino Ciricillo, quelli che veramente si misurano quotidianamente con le difficoltà, le sofferenze, i drammi della povertà, della miseria, delle malattie, degli stenti. Padre Celestino mi ha onorato non soltanto della sua amicizia davvero fraterna, ma mi ha pure travasato tante sue esperienze e considerazioni… specialmente confidenze che tengo come sua eccellente eredità spirituale ma anche sociologica. In particolare mi ha voluto confidare numerose situazioni e contraddizioni interne alla Chiesa, alcune delle quali bisognose di maggiore e migliore fede. In verità, altri sacerdoti e persino un vescovo mi avevano già rivelato ciò che già sapevo per averlo toccato con mano durante la mia adolescenza … che, cioè, i primi ad avere poca fede sono proprio i cosiddetti “consacrati” (coloro che, con i sacri voti, hanno deciso volontariamente di dedicarsi a Dio e alla gente per amore suo, preti, monaci, monache, prelati, ecc,)… ma ciò, comunque, è umanamente più evidente proprio nelle varie associazioni o negli apparati  “pretenziosi” non soltanto religiosi (cioè quelli che sono convinti di possedere la verità e, quindi, di essere gli eletti e, benché peccatori o limitati, di essere meglio degli altri, nonostante affermino di essere al loro servizio). E’ l’animo umano malato non la nobile vocazione religiosa, sociale o politica in sé e per sé! Ed è sull’animo umano che bisognerebbe intervenire con una più adeguata psico-pedagogia (la maggiore sfida del terzo millennio!).

    Padre Celestino si disse d’accordo quando gli prospettai l’esigenza e la necessità socio-pedagogica (non soltanto per i consacrati, ma anche per la gente comune) di trascorrere un significativo periodo della propria giovinezza nelle difficili terre di missione, negli ospedali e ovunque ci sia vera sofferenza. Anzi, sostenevo, nessun seminarista dovrebbe essere ordinato sacerdote se prima non trascorre almeno un anno in Africa o in altre situazioni particolarmente impegnative per la propria fede e la propria vocazione. Ma da tali esperienze dovrebbe passare ognuno di noi (anche per apprezzare ciò che abbiamo nei nostri paesi occidentali che pur vanno perfezionati). Dovrebbero fare esperienze “missionarie” (diciamo così per capirci meglio) i medici, i politici e tante altre figure dirigenziali o che si dedicano al sociale, volontari compresi. Se una di queste persone non può andare in Africa o in altri paesi difficili, basterebbe andare in alcune zone italiane dove, purtroppo, ci sono fin troppe situazioni da cosiddetto Terzo Mondo, dove la semplice “solidarietà” non basta!

    Morale della favola … Dobbiamo certamente accogliere coloro che scappano dai loro paesi (specialmente da quelli in guerra o dittatoriali) ma li dobbiamo anche aiutare a tornare e a restare nelle loro terre. Aiutare può significare tante cose: non sostenere dittature, non fomentare guerre per le materie prime, insegnare loro a valorizzare le produzioni (ad esempio, in Africa e in altri paesi caldi c’è parecchia produzione agricola, ma, non avendo fabbriche di trasformazione né la “catena del freddo” e l’energia per mantenerla, tanti prodotti marciscono e, quindi, non nutrono a lungo le popolazioni indigene che così non possono nemmeno esportare)…

    Accogliamo e aiutiamo certamente i migranti attuali, ma cerchiamo di far sì che i popoli restino nelle terre originarie, perché è lì che la loro vita ha più senso e valore. Dico questo con cognizione di causa poiché io stesso e gran parte dei meridionali emigrati avremmo preferito stare nelle nostre regioni di appartenenza, se non addirittura nel proprio paese natìo. Sradicare intere popolazioni non è utile né a loro né a chi li accoglie. Non ha senso riempire Svezia e Norvegia di africani! L’accoglienza, comunque, oltre ad essere sollecitata dalla legge è voluta dalla coscienza umana. Un domani anche noi ci potremmo trovare nelle condizioni di essere migranti per necessità. Tuttavia, meglio girare il mondo per studio o per turismo piuttosto che essere esuli e migranti per necessità o imposizione. Meglio se ognuno nella propria terra!… questo dovrebbe essere l’imperativo!

    Purtroppo, le potenze coloniali (in passato con gli eserciti, oggi anche con altri espedienti più subdoli ma non meno micidiali) insistono a martirizzare e ad alienare i popoli. E noi, individualmente e collettivamente, dovremmo cercare di essere meno consumisti dal momento, ad esempio, che ogni cosa che usiamo (telefonino, automobile, cibo, legnami, petrolio e altre materie prime) può rappresentare causa di guerre, di sfruttamento e di altre negatività che massacrano i popoli più deboli mentre inquinano e depauperano il pianeta. Vivere una vita profondamente etica (soprattutto se veramente cristiana) significa anche accontentarsi del necessario, rifiutando il superfluo (aborrendo il lusso) e cercando di condividere con gli altri tutto ciò che è possibile (ama il prossimo tuo come te stesso). Sono convinto che non debbano esistere i poveri né la povertà nel senso di insufficienza di cibo, istruzione, casa, lavoro e quanto altro fa parte del corredo di una vera civiltà umana. Unica povertà da esercitare è solamente quella cristiana (e francescana in particolare) per far posto ad altri e rispettare la Terra!

    In altri scritti (alcuni datati 1990, anno di fondazione dell’Università del Riequilibrio) auspico che il terzo millennio potrebbe e dovrebbe essere un periodo ragionevolmente adatto a riequilibrare il mondo almeno nelle sue componenti più importanti!… Ma dovremmo impegnarci un po’ tutti, veramente e seriamente con comportamenti quotidiani e progetti adatti da realizzare come svolte storiche. Speriamo, ad esempio, che la cosiddetta “Carta di Milano” (nata nel contesto dell’EXPO 2015 incentrata sulla nutrizione) si realizzi il più possibile per annullare il paradosso di miliardi di persone obese o sovrappeso e, contemporaneamente, di miliardi di persone che soffrono fame e denutrizione, mentre viene sprecata paradossalmente una quantità di cibo che potrebbe sfamare altri miliardi di persone. Viviamo in un mondo troppo squilibrato, illogico e criminogeno.

    Padre Celestino Ciricillo ha dedicato gran parte della sua esistenza di uomo e di sacerdote per ridurre al massimo possibile tali squilibri che uccidono milioni di persone al giorno. Ci dispiace se ci muore un gattino o un cagnolino. Siamo addolorati se viene a mancare un amico. La vita ci può essere stravolta dalla morte di un congiunto assai caro. Ci lascia però indifferente il massacro umano e ambientale che ogni giorno si rinnova in molteplici parti del mondo. Non ci passa nemmeno dalla mente il dubbio che di tali massacri quotidiani e storici possiamo essere pure noi favoreggiatori o addirittura complici. Riequilibrare ed armonizzare il mondo deve essere il programma esistenziale tenace e permanente delle prossime generazioni, a partire da questa nostra attuale. Altrimenti i rischi per noi e per il nostro pianeta saranno troppo elevati. Insostenibili!

    Buon riequilibrio ed armonia a tutti!

    Domenico Lanciano

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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