Puttane no, schiavi sì. Ora Luigi Di Maio, dopo gli insulti generalizzati, scopre l’equo compenso per i giornalisti. Provo a ricordargli che c’è una sentenza del Consiglio di Stato (marzo 2016) ignorata dai governi e anche a rammentargli qualche passaggio di una vicenda che definisco, trattenendomi, disgustosa. Chiarisco: i governi che hanno ignorato quella sentenza che annullava la delibera (“aumenta il potere degli editori” e “viola la Costituzione”) erano formati da quanti in questi giorni insorgono a difesa dei giornalisti. Loro li volevano solo schiavi, pagati 4.800 euro l’anno (per 288 articoli di almeno 1.600 battute): tasse, spese, foto, abstract per on line e oneri previdenziali compresi. E il gruppo Finegil divisione nord est stabilì la somma forfettaria annua di 120 euro per tutti gli articoli dopo i primi 288. Non ricordo proteste diffuse come quelle – sacrosante dei più, un po’ ipocrite di non pochi – di questi giorni. Già perché lì si negavano (e si negano) i diritti degli ultimi, dei senza voce, di quelli che è utile evocare solo nei convegni. Ma vuoi mettere, è proprio vero: schiavi è tutta un’altra cosa.
Enzo Iacopino
già presidente nazionale
dell’Ordine dei Giornalisti