Le città metropolitane si apprestano a diventare realtà dall’1 gennaio 2015, le Province vengono “svuotate” delle loro funzioni e, in attesa della riforma del Titolo V e della loro definitiva abolizione, gli organi non saranno più eletti dai cittadini. Ecco cosa cambia con la riforma votata oggi
Le città metropolitane
Vengono istituite 10 città metropolitane: oltre a Roma Capitale che per il suo status ha una disciplina speciale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Le città metropolitane dall’1 gennaio 2015 subentrano alle Province omonime e succedono ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercitano le funzioni nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interno. Tempi diversi sono previsti per Reggio Calabria, commissariata dal 2012: la città metropolitana non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del Comune ed è costituita alla scadenza naturale degli organi della Provincia. Il ddl, che dà attuazione alle città metropolitane già previste dalla Costituzione ma mai decollate, le pensa come enti di secondo grado. Tra le altre, hanno funzioni legate a pianificazione territoriale generale, mobilità e viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale e dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione.
Il sindaco metropolitano
È di diritto il sindaco della città capoluogo a meno che lo statuto non ne decida l’elezione diretta, che però richiede apposita legge elettorale e la divisione del Comune capoluogo in più comuni. Gli altri organi della città metropolitana sono il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana.
Le province
Nella fase di transizione (cioè fino al 31 dicembre 2014) sono enti di secondo grado e mantengono le funzioni di area vasta ed esercitano le funzioni di pianificazione riguardo a territorio, ambiente, trasporto, rete scolastica. Torna ad essere inclusa tra le funzioni la gestione dell’edilizia scolastica e il controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale. Con la redistribuzione di funzioni e personale tra Regioni e Comuni, e solo in piccola parte alle Province, viene redistribuito sia il patrimonio, sia il personale con lo stesso compenso. Le funzioni che nell’ambito del processo di riordino sono trasferite dalle Province ad altri Enti continuano ad essere da esse esercitate fino all’effettivo avvio dell’esercizio da parte dell’ente subentrante.
I nuovi organi “a titolo gratuito”
Sempre fino alla loro definitiva abolizione, sono organi delle Province il presidente, il consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci, ma tutti questi incarichi sono esercitati a titolo gratuito. Gli organi non sono più eletti dai cittadini. Il presidente della Provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Provincia. Il Consiglio provinciale, che è composto da un numero di membri differente a seconda del numero degli abitanti, è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della Provincia. L’assemblea dei sindaci è composta dai sindaci dei Comuni appartenenti alla Provincia. È previsto che entro la fine del 2014 il nuovo meccanismo elettivo di secondo livello porti all’elezione del nuovo presidente e dei nuovi organi.
Che fine fanno gli attuali presidenti
È prevista l’abolizione del livello politico elettivo con l’immediato addio al Consiglio provinciale. In attesa della costituzione dei nuovi organi, il presidente della Provincia e la Giunta restano in carica, ma a titolo gratuito, per l’ordinaria amministrazione fino all’insediamento del presidente eletto secondo il nuovo meccanismo e comunque non oltre il 31 dicembre 2014. Laddove le Province sono commissariate, il commissariamento è prorogato fino al 31 dicembre 2014.
Incentivi alla fusione per i Comuni
Nell’ottica dell’efficacia, ottimizzazione e semplificazione il disegno di legge dà forte impulso ai piccoli e piccolissimi Comuni perchè si organizzino in Unioni dei Comuni semplificando i percorsi burocratici. Tutte le cariche dell’unione sono a titolo gratuito e non prevedono personale politico appositamente retribuito. Per incentivare le unioni e
fusioni, le Regioni possono decidere misure specifiche nella definizione del patto di stabilità verticale.
Regioni a statuto speciale
Per le Regioni a statuto speciale vale, come sempre, disciplina autonoma. Tuttavia, riguardo alle città metropolitane si precisa che i principi della legge, valgono “come principi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e aree metropolitane da adottare dalla Regione Sardegna, dalla Regione siciliana e dalla Regione Friuli Venezia Giulia in conformità ai rispettivi statuti”.
da www.ilgiornale.it
IL MISTERO DEI COSTI. Il governo prevede un risparmio, ma non lo quantifica e nessuno, d’altronde, può farlo: per la Corte dei Conti probabilmente la confusione farà aumentare i costi; l’Unione delle Province ha prodotto un dossier in cui si calcola in due miliardi l’aggravio.
IL MISTERO DEI CONSIGLIERI. Non prenderanno stipendio, ma solo gettoni di presenza – dice il governo – resta il fatto che le potrone proliferano: tra un ente di secondo livello e l’altro (ci sono pure le assai consigliate ai più piccoli Unioni dei Comuni), più un aumento di consiglieri e assessori nei comuni piccoli e piccolissimi, si parla di 31mila posti in più.
Da Il Fatto Quotidiano del 04/04/2014.