«Era la notizia che stavamo aspettando». E’ l’unico commento, per il momento, che arriva dal gruppo di minoranza del Comune di Belmonte del Sannio, dopo la decisione del Tar Molise di cassare la nomina della giunta senza quote rosa operata dal sindaco di Sessano del Molise. Che fosse un palese caso di violazione delle norme in materia era evidente anche agli occhi del più sprovveduto e digiuno di diritto degli enti locali, ma chiaramente serve che un giudice amministrativo lo metta nero su bianco in una sentenza affinché abbia un valore e un peso tali da rappresentare un precedente e fare, come si dice, giurisprudenza.
In quel Comune, come anche a Belmonte del Sannio, ma anche a Capracotta tanto per dire, il sindaco eletto ha nominato il proprio esecutivo ignorando deliberatamente le norme di carattere europeo e nazionale che impongono il rispetto della rappresentanza di genere all’interno degli organi politici esecutivi. Non è una questione di lana caprina, perché siamo nell’ambito della sfera dei diritti di uguaglianza di fronte alla legge, sanciti addirittura dalla costituzione repubblicana in vigore e richiamati da altre leggi di rango sia nazionale che comunitario.
Dopo il ricorso di due cittadine di Sessano contro la nomina tutta al maschile della giunta comunale, il Tar Molise ha richiamato e ribadito quanto disposto «dall’art. 46, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000, il quale statuisce che, in attuazione del principio di pari opportunità tra donne e uomini, il Sindaco deve garantire la presenza di entrambi i sessi nella nomina dei componenti della Giunta, tanto più per il fatto che lo Statuto comunale prevede la possibilità di nomina di un assessore “esterno”».
Quindi, se non ci sono donne elette in Consiglio comunale, né in maggioranza, né in minoranza, o che comunque non godono della fiducia del sindaco, lo stesso avrebbe dovuto nominare un assessore di sesso femminile attingendo all’esterno dell’assise civica, il famoso assessore esterno, previsto dalle norme e dallo stesso statuto comunale. Per reclutare una donna da elevare al rango di assessore il sindaco avrebbe dovuto utilizzare «un metodo trasparente e idoneo a consentire la presentazione di tutte le eventuali disponibilità» che lo stesso Tar Molise individua in un avviso pubblico. Il sindaco di Sessano, come anche quello di Belmonte del Sannio, aveva dichiarato che nessuna donna, in paese, voleva fare l’assessore e quindi si era dovuto in qualche modo accontentare di assessori maschi. Non basta, sempre secondo il Tar, verificare questa disponibilità di ricoprire l’incarico in giunta, solo nella cerchia «delle poche personalità femminili di stretta fiducia del Sindaco, all’uopo contattate con esito negativo», perché «si consentirebbe in questo modo una fin troppo facile elusione delle norme a tutela della composizione delle Giunte comunali nel rispetto della parità di genere».
Alla luce di quanto premesso, il Tar ha sentenziato l’illegittimità del decreto di nomina della giunta perché, appunto, non garantisce la rappresentanza di genere. Non vi voleva certo il Tar per saperlo, era chiaro sin dall’inizio alla semplice lettura e comprensione delle norme in materia, ma ora la decisione del tribunale amministrativo inchioda alle proprie responsabilità ogni sindaco che ha deliberatamente violato la legge, come ad esempio Errico Borrelli di Belmonte del Sannio.
Quel commento, «era la notizia che stavamo aspettando», da parte del gruppo di minoranza, è il preludio ad una attività politica che potrebbe sostanziarsi in atti formali sin nei prossimi giorni, in sede di Consiglio comunale. Perché è del tutto evidente che a questo punto la giunta di Belmonte composta, oltre che dal sindaco Borrelli, dagli assessori Dalio Mastrostefano e Rolando Palomba, è da considerarsi illegittima al pari di quella di Sessano, perché appunto composta da soli rappresentanti di sesso maschile. La battaglia, insomma, è appena iniziata; all’opposizione serviva solo l’innesco per dare fuoco alle polveri, innesco fornito dal caso analogo di Sessano del Molise.