Trasformare le proteste in proposte, facendo squadra in un’ottica non più comunale, ma di territorio, di Alto Molise e soprattutto puntare sulle competenze, quelle di cui i Comuni minori e gli uffici municipali scarseggiano per intuibili motivi legati alla carenza di organico. E’ la proposta lanciata ai colleghi sindaci dal primo cittadino di Castel del Giudice, Lino Gentile, che nei giorni scorsi ha preso parte, in qualità di relatore, al webinar organizzato dall’associazione “Give Back – Giovani aree interne“.

Una chiacchierata interattiva da remoto, più che una noiosa conferenza, dal titolo “Politiche europee per i territori rurali e i piccoli Comuni: il caso virtuoso di Castel del Giudice”. All’incontro hanno preso parte, oltre al sindaco Gentile, anche la consigliera comunale delegata alla cultura, Luciana Petrocelli, e l’ingegnere Rosita Levrieri, responsabile del progetto Pnrr del medesimo comune. Proprio l’ingegnere Levrieri ha illustrato agli ascoltatori i progetti e quanto già messo in campo e realizzato concretamente nel settore della nuova residenzialità. «L’obiettivo è di creare le condizioni per poter ri-abitare i luoghi dell’abbandono, – ha spiegato Levrieri – in modo permanente, ma anche temporaneo. Una nuova residenzialità che guardi e sia attrattiva per tutte le fasce di popolazione. Ecco perché, ad esempio, abbiamo puntato sulle residenze assistite per anziani autosufficienti, come spazi di coworking». Rosita Levrieri ha anche posto l’attenzione su quella che Lino Gentile ha chiamato «imprenditorialità affettiva»: investitori privati, che hanno cofinanziato progetti pubblici comunali, in virtù del legame affettivo con il paese natio. E la responsabile dei progetti Pnrr ha anche fatto una sorta di elogio dell’esproprio per pubblica utilità, un meccanismo che probabilmente non era mai stato utilizzato in precedenza, da un’amministrazione comunale, per acquisire alla pubblica utilità delle vecchie abitazioni, stalle dismesse da secoli, per farne nuove residenze per smart working o la sede fisica per nuove unità imprenditoriali. Il punto di forza dell’azione di rigenerazione posto in essere a Castel del Giudice è stato l’ufficio unico di progettazione, che opera in stretta sinergia con le competenze e le professionalità fornite da partner importanti quali l’Università di Torino, La Sapienza di Roma, la stessa UniMol e l’ateneo de L’Aquila.

«Gestione e realizzazione dei progetti avvengono mediante un approccio orizzontale piuttosto che verticale, cioè collaborativo e integrato, che coinvolge anche la popolazione residente- ha chiuso l’ingegnere Levrieri, delineando i connotati di quello che può davvero essere un progetto pilota replicabile su altri territori, su scala nazionale o sovranazionale. La ricercatrice e consigliere comunale Luciana Petrocelli ha posto l’accento sull’importanza della cultura come strumento di rigenerazione territoriale, quale «base preliminare per qualsiasi sviluppo economico del territorio, armonico e condiviso». Ed ha illustrato, la consigliera, tutte le attività messe in campo, ormai da anni, in Casa Frezza, il centro studi realizzato grazie all’impiego dei fondi Pon sulla legalità, finanziato quindi dall’Unione Europea per promuovere la parità economica e sociale e ridurre le disparità tra le regioni. I due binari di tutta l’attività di Casa Frezza, ha spiegato Petrocelli, sono appunto l’inclusione e l’integrazione, indirizzata ai ragazzi stranieri che partecipano al progetto di accoglienza attivo da tempo. Circa quaranta famiglie straniere sono ospitate in paese, che rappresentano non solo “materiale” umano che fa numero in un piccolo Comune dell’Appennino, ma anche un valore aggiunto dal punto di vista culturale e linguistico. La diversità, anche marcata, che diviene quindi non divisiva, ma addirittura un’opportunità di crescita esperienziale anche per la comunità locale. Anziani molisani e bambini stranieri che giocano, parlano, condividono esperienze, si scambiano culture e modi di dire e di fare, semplicemente interagiscono e parlano tra di loro; questo il “miracolo” realizzato a Castel del Giudice. Casa Frezza è un vulcano di idee e iniziative, ha spiegato Luciana Petrocelli, dal polo linguistico, ai corsi di musica e danza il collaborazione con altri centri di accoglienza, alla musicoterapia, all’educazione civica, ai campi estivi immersi nella natura, fino ai laboratori di psicologia di comunità, per adulti e adolescenti.

In chiusura di webinar il sindaco Lino Gentile, che ha fatto un intervento più politico, di visione e di strategia a medio e lungo termine, non si è sottratto alle domande dei tanti partecipanti. Tra queste quella posta da un nostro cronista il quale ha sottolineato la differenza macroscopica che si registra tra l’attività dell’amministrazione Gentile e il resto dei Comuni di zona, dove gli amministratori, in molti casi, si limitano ad indossare la fascia tricolore in occasione della festa del santo patrono. E Lino Gentile non si è tirato indietro e ha raccolto la «provocazione». «Non abbiamo la pretesa né la presunzione di poter insegnare ai sindaci come si amministra, – ha subito precisato Gentile – tuttavia credo seriamente a quella che mi piace chiamare la “contaminazione” di buone esperienze. Condividere e mettere in rete le buone pratiche, questo credo si possa e si debba fare. D’altro canto anche noi, prima di avviare le attività qui a Castel del Giudice, abbiamo fatto decine di pellegrinaggi laici per andare a vedere sul posto, da vicino, cosa avessero ideato e realizzato altri Comuni e altri sindaci nell’ambito della rigenerazione dell’Appennino». Andare sul posto a studiare e prendere esempio, anche “rubare” idee e progetti, o semplicemente ispirarsi a politiche e buone pratiche che hanno dimostrato di essere un efficace antidoto contro lo spopolamento e la desertificazione delle aree interne e montane. «Fare rete tra sindaci è importante perché ci si confronta e si apprende e si impara anche dalle critiche, dagli errori commessi. E’ importante partire e ripartire dopo un fallimento, ma occorre prima capire cosa non ha funzionato. L’idea di contaminarci l’abbiamo sempre avuta. L’Alto Molise, nella sua interezza, ha un patrimonio culturale straordinario, – ha aggiunto in chiusura Lino Gentile – si tratta di capire quali strategie porre in essere per capitalizzare le esperienze. Il primo passo, tuttavia, è quello di cambiare il paradigma: nelle aree interne bisogna smetterla di piangersi addosso, di commiserarsi perché si è pochi e abbandonati. Dobbiamo comprendere che il passo da fare è quello di trasformare le proteste, sia pure legittime e comprensibili, in proposte. Solo così si possono intercettare risorse economiche da spendere per la rigenerazione territoriale, ma in questo sarebbe utile il contributo delle Regioni, come elemento di cerniera tra il Ministero e il territorio che ad oggi invece manca. In questi anni, con gli strumenti intercettati, abbiamo creato circa centotrenta posti di lavoro, non solo di Castel del Giudice, ma di tutta l’area, quindi un impatto positivo per il territorio c’è sicuramente stato. Ciò che manca, inoltre, è un organismo sovracomunale di coordinamento delle politiche dei vari Comuni. Avevamo la Comunità montana che funzionava bene in quest’ottica di raccordo e supervisione, ma è stata soppressa; ora c’è un vuoto da riempire».

Infine il messaggio forse più importante di tutto il webinar dedicato alle aree interne e alle politiche di rigenerazione territoriale: «Smettiamola, noi sindaci e amministratori, di inseguire il finanziamento pubblico per le opere pubbliche. Cerchiamo piuttosto di intercettare fonti di finanziamento per pagare le competenze a supporto delle amministrazioni locali. Perché i Comuni piccoli, a differenza delle città, non hanno strutture tecniche di competenza. Mentre il vero motore di sviluppo è avere le competenze, non solo e necessariamente tecniche, ma che spaziano in tutte le discipline». Trovare soldi pubblici per pagare professionisti e competenze, questo l’insegnamento di Lino Gentile, che queste cose le fa davvero e i risultati si vedono a beneficio di tutto il territorio.
Francesco Bottone