Nei giorni scorsi, sull’Avvenire, un lungo articolo sullo spopolamento delle zone interne del Molise, in particolare della diocesi di Trivento la cui Caritas, ormai da parecchi anni per iniziativa di don Alberto Conti, ne documenta sconsolata la fin qui inarrestabile progressione. È un problema di cui mi sono occupato più volte nel passato, e più recentemente coordinando la presentazione, in una tavola rotonda pubblica alla quale presero parte i presidenti delle Regioni Molise e Abruzzo (Frattura e D’Alfonso, con maggioranze di centrosinistra l’uno e l’altro) ai quali don Alberto riuscì a strappare l’impegno di una seduta congiunta dei due Consigli regionali, da tenersi a Trivento e completamente dedicata a discutere le misure necessarie per invertire la tendenza.
Si tratta di un’agenda in dieci punti che il vescovo e i parroci della diocesi hanno qualche settimana fa riassunto in una lettera inviata a tutte le autorità istituzionali: riguarda la sanità, con ospedali da non chiudere nelle zone disagiate, parla delle scuole da dotare di tecnologie capaci di romperne l’isolamento e, così rivitalizzate, da mantenere come presidio dello stato contro la desertificazione demografica, culturale e sociale di queste aree, e dice altro ancora, fino a contare dieci capitoletti appunto, senza tralasciare le norme per una fiscalità differenziata che renda vantaggioso, o almeno meno svantaggioso, vivere in questi piccoli paesi abbandonati dai giovani, ma spesso anche dagli anziani. La lettera ha ricevuto finora una sola risposta, però di peso. Quella della segreteria del capo dello Stato (il settore che per il presidente Mattarella si occupa della coesione sociale) che ha richiamato i due presidenti di Molise e Abruzzo, risultati finora inadempienti, a dare riscontro fattivo e rapido a quello che, più di un semplice richiamo, pare essere un grido di dolore, un’ultima chiamata al dovere di responsabilità della politica nei confronti delle comunità più fragili.
C’è da augurarsi che l’articolo dell’Avvenire, offrendo una rilevanza mediatica maggiore di quella finora assicurata dalla stampa locale (segnalo, tuttavia, il puntuale lavoro di cronaca del sito l’Eco dell’Alto Molise), spinga alle decisioni, non solo locali. Anni fa si discusse in Parlamento una proposta di legge, caldeggiata da Lega Ambiente e firmata da Ermete Realacci, che affrontava il problema della difesa dei piccoli comuni finalmente in un’ottica capace di uno sguardo complessivo; se ne discusse anche nei talk show televisivi, la fine anticipata della legislatura ne interruppe il cammino che, poi, nessuno ha pensato o voluto più riprendere. Da lì, ritengo, si dovrebbe ripartire. Una legge nazionale, ma anche provvedimenti complessivi regionali. Il clima politico non sembra, ahimè, dei più propizi, i piccoli enti territoriali hanno subito negli ultimi anni la logica della riduzione delle competenze, dei drastici tagli delle assemblee rappresentative; sono rimasti cioè vittime dell’abbaglio che fa vedere nella democrazia locale (o nella democrazia?) e nelle sue molteplici, e necessarie istanze, una complicazione, uno spreco, una stortura istituzionale e morale. Il richiamo della presidenza della repubblica si spera possa essere sentito come un invito a riflettere, a tornare indietro per non combinare guai ancora peggiori. Forse dal grido di allarme dei paesini della diocesi di Trivento, espresso dalla voce e dei loro parroci, può scaturire qualcosa di importante per tutti.
Tarcisio Tarquini
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