Arrivata alla quarta edizione la Summer School SKIA che, dopo la Summer School Psicomed, sta andando in scena nell’I.R.C.C.S. Neuromed fino a domenica otto settembre. Un momento di confronto tra studenti, docenti e clinici, a cavallo tra estetica e psicoanalisi. Quest’anno il tema degli incontri è stato la ‘voce’. Il titolo dell’iniziativa ‘Il respiro della voce’ ed ha visto responsabili scientifici i professori Silvia Vizzardelli, docente di Estetica e Filosofia della musica nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria, Matteo Bonazzi filosofo e psicoanalista, professore presso l’Università di Verona, e Mario Ajazzi Mancini psicoanalista e scrittore, docente presso la Scuola di Psicoterapia comparata di Firenze. Skia è una scuola di estetica e psicoanalisi che vuole confrontare la filosofia dell’arte, la filosofia dell’esperienza sensibile della creatività, con la psicoanalisi e con la neurologia.
“Siamo per la seconda volta ospiti di Neuromed e del professor Diego Centonze– ha detto Silvia Vizzardelli – l’anno scorso abbiamo approfondito il tema dell’inconscio. La collaborazione con il professor Centonze va avanti da lungo tempo per cui in questi momenti di confronto incrociamo il discorso neurologico, il discorso psicoanalitico, il discorso psichiatrico, con quello filosofico. Alla scuola partecipano studenti universitari e studenti della Scuola di psicoterapia Psicomed, con una convenzione tra l’Università di Cosenza, l’Università di Milano Bicocca, l’Università di Verona nonché alcune associazioni di artisti che lavorano insieme a noi”.
Diverse le relazioni che hanno affrontano da più parti il tema della ‘voce’ dal punto di vista filosofico e psicoanalitico.
“L’espressione ‘tatuaggi della fonazione’ – spiega il professor Matteo Bonazzi – è utilizzata da Michel de Certeau, gesuita, allievo di Jacques Lacan, e richiama un concetto particolare legato all’insegnamento del suo maestro. Lacan, noto per l’approccio teatrale che caratterizzava le sue lezioni, suscitava un’impressione molto forte in chi lo ascoltava. Un famoso letterato, che partecipò a tutto il seminario di Lacan, ricordava come l’effetto più toccante fosse la sensazione che il corpo di Lacan emanasse dalla sua voce, e non il contrario. Questa idea suggerisce che la voce non è solo un mezzo di espressione o di trasmissione di contenuti, ma qualcosa di più profondo, che incide e lascia un segno sul corpo stesso, quasi come un tatuaggio. È una voce che ha una presenza fisica, ‘graffiante’, e quindi materiale. Questo concetto offre un’interessante chiave di lettura per esplorare il tema del rapporto tra estetica e psicoanalisi. La voce, con la sua qualità materica e timbrica, tocca questioni estetiche importanti, ma ha anche una rilevanza clinica notevole. Lacan rifletteva, ad esempio, su cosa fossero le allucinazioni vocali nella psicosi. Questo lo portava a riconsiderare l’esperienza quotidiana della voce, che percepiamo come spontanea e naturale, ma che è chiaramente legata a strumenti tecnologici”.
“Affrontiamo in questa edizione anche il tema dell’immaginazione acustica – spiega Mario Ajazzi Mancini – come i suoni e le voci vengono percepiti e organizzati. Questo concetto può essere traslato anche in un contesto clinico, dove si crea un dialogo e un’interazione emotiva attraverso le varie fasi, gli interventi e le scansioni che strutturano le relazioni tra individui. Tuttavia, ciò che mi interessa maggiormente è proprio questa dimensione sonora, queste voci, che possiamo anche chiamare ‘voci della natura’ se vogliamo. In questo senso, mi interessa esplorare come tali voci si organizzino all’interno di un pensiero coerente e come, allo stesso tempo, aprano la mente a nuove possibilità e nuove situazioni. Questa è una delle grandi tematiche dell’immaginazione acustica: rimettere costantemente in discussione ciò che per noi poteva essere ma non è stato. L’immaginazione acustica diventa dunque uno spazio creativo, che sfida e rielabora continuamente il nostro rapporto con il suono e la percezione”.