La situazione è drammatica e il grafico accanto, in picchiata verticale verso il baratro, lo dimostra chiaramente, sempre ammesso che ce ne fosse ancora bisogno.
I paesi della diocesi di Trivento a cavallo tra Abruzzo e Molise sono destinati a sparire.
La causa, o meglio l’effetto, è lo spopolamento. Già, l’effetto, il risultato è lo spopolamento, perché la causa, anzi le cause, vanno cercate altrove, soprattutto nei palazzi della politica.
Ma torniamo un attimo ai numeri, quelli non sono opinabili: attualmente tutti i paesi della diocesi di Trivento arrivano a contare poco più di trentottomila abitanti.
Negli anni ‘60 la popolazinone totale superava le 110mila unità. L’esodo è inziato proprio negli anni ‘60, per proseguire fino ad oggi, inarrestabile. I dati non ce li siamo inventati noi dell’Eco, ma sono quelli contenuti nella pubblicazione a cura della Caritas dicoesana di Trivento dal titolo “Rompere gli schemi per creare il nostro futuro”. Il volume, che si inserisce nella collana “Quaderni della solidarietà” edita dalla Scuola di formazione all’impegno sociale e politico “Paolo Borsellino” sarà presentato al pubblico solo nelle prossime settimane, precisamente il 6 dicembre a Trivento, alla presenza del governatore del Molise, Frattura e del suo collega abruzzese D’Alfonso. L’Eco è in grado di offrire ai suoi lettori un’anteprima assoluta dei contenuti shock presenti sulla pubblicazione della Caritas.
Oltre all’indagine demografica e sociale, curata da Michele Fuscoletti, con dati aggiornati al 31 dicembre 2013 e condotto grazie alla collaborazione degli uffici anagrafe dei vari Comuni appartenenti alla diocesi triventina, il volume propone uno studio, a cura di Roberto Mannai, sulle potenzialità del territorio sulle quali puntare per invertire la tendenza all’annientamento e un decalogo scritto da don Alberto Conti, direttore diocesano della Caritas, dieci proposte concrete indirizzate ai politici, anche ai due governatori Frattura e D’Alfonso, per «sopravvivere», per non morire, per impedire che l’Alto Vastese e l’Alto Molise diventino, nei prossimi anni, solo degli immensi cimiteri.
Prima di entrare nel dettaglio delle proposte di Mannai e don Conti, diamo uno sguardo più da vicino ai dati, ai numeri, quelli dell’indagine socio-demografica.
La diocesi di Trivento, quaranta paesi più o meno piccoli arroccati sui monti di tre Province e due Regioni, nell’ultimo decennio, fino al 2013, ha perso 4985 abitanti, esattamente l’11 per cento rispetto alla popolazione residente dieci anni prima. E’ come se Agnone, ad esempio, fosse scomparsa nel nulla con tutti i suoi abitanti. E infatti il Comune che ha perso più abitanti, con un preoccupante meno 596 abitanti, è proprio Agnone, l’Atene del Sannio, patria di esorcisti e santi, manager, letterati e fonditori di campane. A seguire Trivento, con un meno 434 abitanti e Schiavi di Abruzzo con meno 412 residenti.
Le nascite crollano ovunque, le morti, al contrario aumentano in ragione dell’invecchiamento della popolazione, e i giovani e meno giovani continuano ad emigrare perché qui sui monti c’è ben poco da fare.
Per quanto riguarda il tasso di natalità la diocesi di Trivento si attesta su valori molto bassi: Frosolone, con 8 nati ogni mille abitanti, è quello più virtuoso e che si avvicina alla soglia dell’8,5 che rappresenta la media nazionale del 2013. Una media comunque bassissima rispetto al resto d’Europa.
Seguono Trivento e Belmonte del Sannio.
Il meno prolifico è Castelverrino, con un solo nato negli ultimi dieci anni, poi Schiavi di Abruzzo, Pietrabbondante e Pietracupa con tassi medi inferiori a tre.
Per quanto riguarda i decessi, invece, i Comuni che celebrano più funerali sono Schiavi di Abruzzo e Roio del Sangro, con tassi di mortalità medi che sfiorano i 3a morti ogni mille abitanti. Solo per fare un confronto, il dato più alto, in tutta Europa, nel 2012, si è registrato in Ucraina, con 15,8 morti su mille abitanti. Il Comune che risente maggiormente dello spopolamento è Roio del Sangro che però, considerato il basso numero di residenti, solo 95, preoccupa meno rispetto a Schiavi di Abruzzo che subisce una perdita media annua del 3,79 per cento su una popolazione di 908 abitanti.
Le proiezioni a dieci anni, quindi al 31 dicembre del 2023, sono drammatiche: Schiavi scenderà a 641 abitanti, Castelguidone a 349, Agnone a 4637, Trivento a 4512, Castelverrino a 101, Castiglione Messer Marino a 1669, solo per fare alcuni esempi.
Al termine del 2023, secondo le stime dello studio della Caritas, la diocesi avrà una popolazione di 34.676 abitanti e la comunità più piccola sarà quella di Roio del Sangro con 67 anime.
Un triste destino, quello dell’annientamento, causato dalla carenza progressiva di servizi, da quelli essenziali come la sanità o la viabilità. Lo spopolamento è solo l’effetto, lo abbiamo già spiegato. Ma in questo scenario che potrebbe alimentare il pessimismo si inserisce, a ridare fiducia, lo studio di Mannai, tratto dalla sua tesi di laurea.
«Lo studio, – spiega don Alberto Conti – viene condotto su due piani: quello dell’analisi e quello dell’elaborazione strategica, mediante l’applicazione delle più moderne strategie di gestione imprenditoriale e di marketing. E dall’analisi emergono infatti quelli che posso essere i punti di forza sui quali far leva, per un nuovo inizio dell’economia basato sulla tipicità dei prodotti da offrire ad un mercato tutto da inventare. Un aiuto importante – continua il direttore diocesano della Caritas – può venire da tutti coloro che hanno lasciato, per studio o lavoro, i nostri paesi e oggi vivono altrove, in Italia o all’estero. Non chiediamo loro che facciano a ritroso il cammino che li ha portati lontano, ma le loro capacità, la loro intraprendenza, lo spirito di iniziativa di cui hanno dato prova possono essere messi a disposizione delle loro comunità di appartenenza e di origine».
E don Conti lancia, o meglio rilancia, il suo decalogo per sopravvivere (che l’Eco ha già pubblicato nei mesi scorsi e che viene riproposto, in appendice, sul testo curato della Caritas, ndr). «Piccoli comuni e aree oggi emarginate posso rappresentare, in questo periodo di crisi economica, una via di fuga dalle città, dal peggiorare delle condizioni di vita. – spiega don Alberto Conti – Le istituzioni dovrebbero tener conto di una serie di punti fermi, che ho racchiuso nel mio decalogo. Bisogna avere il coraggio di “rompere gli schemi”, come ci ha detto il Papa in visita in Molise. E rompere gli schemi significa non arrendersi al conformismo che pretende di dare un costo e un prezzo a tutto, anche ai servizi essenziali senza i quali non viene assicurata la prospettiva di una vita dignitosa. E rompere gli schemi significa, ad esempio, dire che l’ospedale di Agnone non solo deve essere mantenuto, ma addirittura potenziato, perché situato in un’area periferica sprovvista di qualsiasi altro servizio sanitario».
«Spopolamento, diminuzione delle risorse, smantellamento dei servizi essenziali sono i problemi dell’Alto Molise e Alto Vastese, conseguenza della perdita d’anima della politica e di un’economia che bada solo al profitto. – aggiunge don Luigi Ciotti, che ha firmato la prefazione al testo della Caritas – Don Conti, sacerdote di una Chiesa che guarda il Cielo senza distrarsi dalle responsabilità sulla Terra, avanza una serie di proposte. Proposte di semplice buon senso e proprio per questo, paradossalmente, rivoluzionarie se confrontate con il quotidiano agire di una politica che ha smarrito la vocazione al bene comune».
Francesco Bottone
effebottone@gmail.com
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