Il comitato promotore della richiesta di referendum per l’abrogazione della L. 157/92, e più in generale per la cancellazione della caccia in Italia, ha reso noto nei giorni scorsi che la Corte di Cassazione avrebbe invalidato circa 177.000 delle 520.000 firme raccolte, escludendo quindi la possibilità che il referendum sull’attività venatoria possa aver luogo.
L’associazione UNARMI, che difende e valorizza l’attività venatoria al pari di ogni altra attività legale con armida fuoco, apprende «con sollievo la notizia e intende cogliere l’occasione per far notare, qualora ve ne fosse bisogno, come tale evento sottolinei il nettissimo distacco tra le opinioni rappresentate quotidianamente come maggioritarie dalla stampa, dal mondo dello spettacolo, dalla politica e da certo attivismo d’assalto rispetto al sentire reale della Nazione. Non si può infatti non notare come il mondo venatorio, negli ultimi anni definito continuamente come minoritario ed in via d’estinzione, alla luce degli ultimi sviluppi conti un numero di cacciatori attivi pari quasi al doppio dei cittadini che hanno voluto manifestare la loro avversione alla caccia sottoscrivendo l’iniziativa referendaria (tra l’altro fortemente facilitati dalle recenti innovazioni in materia di firma digitale e dalla notevole estensione del periodo utile alla raccolta). È incontestabile che tra i due poli non vi sono oppositori “latenti”: la stragrande maggioranza degli italiani non ha alcuna avversione verso la caccia, quando addirittura non è apertamente favorevole, così come sono moltissimi gli italiani che consumano, anche sporadicamente, selvaggina.
«Proprio in questi giorni, – continua Unarmi – col plauso delle solite associazioni antiarmi, è iniziato in Commissione l’esame di un nuovo disegno di legge pesantemente disarmista in affiancamento ai precedenti già presentati, i cui scopi nulla hanno a che fare con la sicurezza dei cittadini ma seguono obiettivi unicamente repressivi e vessatori. Invitiamo i partiti ed i singoli politici promotori di tali iniziative a domandarsi, al di fuori delle proprie “bolle” e percezioni, se siano davvero sicuri che la Nazione senta come prioritaria la questione relativa alle armi o ne sia anche solo vagamente preoccupata o se piuttosto non si tratti di un sentimento nettamente minoritario che gode semplicemente di una sproporzionata visibilità.
Quello che è certo è che, come sempre abbiamo fatto, continueremo ad informare i tiratori, i cacciatori, i collezionisti, i professionisti e più in generale a rivolgerci ai quasi cinque milioni di italiani detentori di armi affinché, consci delle posizioni di ogni singolo partito in merito ai loro Diritti, possano esprimere consapevolmente il proprio voto».