Quattordici mesi fa moriva padre Giorgio Ramolo. Il suo ricordo vive più forte che mai in quanti lo hanno conosciuto ad Agnone dove è stato artefice della nascita dell’oratorio Giovanni Paolo II e di tantissime altre iniziative in ambito sociale. Schietto, sincero, pragmatico, burbero e al tempo stesso di una bontà d’animo unica, padre Giorgio viene ricordato in questa intensa lettera da Mirta Borrelli che ha affidato a l’Eco online le sue parole.
LA LETTERA
Correva l’anno 2004, avevo 17 anni, e frequentavo il coro parrocchiale della chiesa Maria SS. di Costantinopoli da poco più di un anno. Mi trovavo nella difficile stagione dell’adolescenza, in preda ai classici tormenti interiori dell’età. Era il mese di settembre. Ricordo bene il dispiacere provato alla notizia che padre Celestino Centra, allora parroco, sarebbe dovuto andare via. Ma così doveva andare, era la regola dell’ordine. Qualche tempo dopo il nuovo frate arrivò, ma io rimasi piuttosto fredda e diffidente; ancora non sapevo, però, che quel frate, dall’aria burbera ma intensa, sarebbe diventato uno dei punti di riferimento più importanti e significativi della mia vita, colui che di lì a poco avrebbe contribuito a plasmare la mia personalità. Quel frate era padre Giorgio Ramolo (in foto). Il tempo passava ed io imparavo sempre di più a conoscere e ad accettare quel nuovo sacerdote tra di noi. Ben presto quella figura cominciò ad ispirarmi una gran fiducia. Con lui mi aprii e cominciai a sfogare tutto ciò che in quel periodo mi portavo dentro: ansie, timori, inquietudini, dispiaceri, dubbi di ogni genere, anche religiosi. In quel momento io mi sentii subito accolta e compresa; da quel giorno con padre Giorgio cominciò un legame spirituale e morale, durato 10 anni. Padre Giorgio sapeva “andare oltre”, scavare nell’anima. Ciò che immediatamente e maggiormente mi colpì fu quel suo ascoltare con sguardo basso ed occhi chiusi, tipico atteggiamento di chi non sente che con il cuore; quello stesso atteggiamento che contraddistingueva le sue omelie, a testimonianza del fatto che ogni suo singolo pensiero ed ogni sua singola parola venivano ispirategli dal suo Dio. Cominciai con lui un cammino di fede. Padre Giorgio, nel tempo, riuscì a far maturare in me una fede sempre più forte, non solo con parole, bensì con l’esempio; ricordo, infatti, osservare un po’ sbalordita quel frate così caparbio e instancabile, colui che alle cinque del mattino era già a lavoro; colui che con la sua voce tonante ci incitava sempre a dare sempre e comunque il meglio di noi stessi; colui che andava contro tutto e tutti pur di seguire la propria coscienza; colui che toglieva a sé per dare agli altri. Ricordo, ad esempio, quando in occasioni di varie festività, noi parrocchiani gli regalammo una serie di indumenti invernali per farlo stare più caldo, ma il giorno dopo, quegli stessi indumenti erano già diretti in Africa o, comunque, alla volta dei più bisognosi. Nella sua profonda umiltà, Padre Giorgio non è mai stata una persona di comodo, sempre un po’ scontroso agli occhi di chi non riusciva a comprendere fino in fondo la sua personalità così forte, schietta e sincera, contraddistinta, però, da un carisma e da una carica profondamente umani. Padre Giorgio non era certo una personalità facile; non era colui che ti diceva ciò che di più comodo e scontato avresti voluto sentirti dire, bensì colui che con forza e quasi con durezza, poneva di fronte alla realtà, affinché non se ne perdesse il senso; ricordo ancora, ad esempio, quando in occasione del mio compleanno, su un cartoncino di auguri il suo personale augurio per me fu quello di utilizzare più la ragione e meno la fantasia, e di camminare più sulla terra che sulle nuvole. Tutto ciò perché egli era profondamente pragmatico, realista e concreto; era un uomo completamente alieno da ogni tipo di sentimentalismo superficiale o poco costruttivo affinché non si creassero false aspettative o inutili illusioni. Padre Giorgio non prendeva scorciatoie e non usava maschere di nessun tipo, la sua persona era sempre aperta agli altri in maniera positiva e costruttiva, sempre pronta verso chiunque chiedesse il suo sostegno, e chi ha saputo e voluto conoscerlo avrà sicuramente compreso che questo suo atteggiamento era segno di una bontà e di un altruismo che non vanno necessariamente manifestati con espressioni di buonismo di circostanza o di allegro eloquio. Anche se questo tipo di personalità poteva essere spesso soggetta a critiche a lui non interessava, semplicemente perché era del parere che della propria vita e delle proprie azioni vi se ne debba rispondere al Signore, e che tutti gli atti e gli atteggiamenti umani debbano essere riconducibili solo ed esclusivamente a Dio, unico e vero conoscitore dell’animo umano. Padre Giorgio, mi ha insegnato a non mollare mai, ad alzare sempre gli occhi al cielo confidando nell’aiuto di Dio; mi ha insegnato che alla Verità o alla scelta più giusta ci si possa arrivare sempre, seguendo la propria coscienza. Mi ha insegnato a fare tesoro delle esperienze degli altri, perché è solo attraverso il contatto con essi che si può riuscire ad approfondire la conoscenza di sé stessi, focalizzando al meglio le tante doti che ognuno di noi possiede. Il suo monito è stato sempre quello di non aggiungere giorni alla nostra vita, ma sempre più vita ai nostri giorni, cercando di capire per quale vita ognuno di noi sia nato, e quale disegno siamo stati chiamati ad essere, per poi metterci con passione a realizzarlo. Padre Giorgio era l’uomo dalle poche parole ed aveva un modo tutto suo di ringraziare o di chiedere scusa, la sua gratitudine la dimostrava con uno sguardo, con quegli occhi intensi e profondi, quasi a dirti: “sei stata brava, ma non ti adagiare, continua a mettercela tutta, perché ciò che si fa non è mai abbastanza”.
Quando nel 2007 egli dovette lasciare Agnone, il suo lavoro di guida spirituale e morale su di me, continuò seppur da lontano, seppur via telefono, fino all’ultimo giorno del suo cammino terreno. Negli ultimi tempi, padre Giorgio, mi diceva di quanto ormai, cominciasse a sentirsi davvero stanco, e di quanto fosse sempre più difficoltoso per il suo animo dover riuscire a consolare i malati terminali dell’ Hospice larinese, struttura presso la quale egli svolse la sua ultima missione di guida e di supporto morale e spirituale. Ma egli non demordeva e, instancabile qual era, continuò quella sua missione e quel suo sacrificio, offerto da lui al suo Signore, fino all’ultimo giorno. Sebbene io lo incitassi spesso a riposarsi, ad oggi so, invece, che quell’ultima missione e quell’ultimo sacrificio gli sono valsi il Paradiso. Padre Giorgio, quella sera dell’8 novembre 2014, se ne andava nel periodo più duro della mia vita, ma, seppur con grande dispiacere ed una profonda sensazione di solitudine, cominciai presto ad accettare quel distacco con serenità, perché so, nel più profondo del mio cuore, che egli così avrebbe voluto, in quanto fu sempre egli stesso ad insegnarmi, sempre con voce tonante, che la morte è solo una porta e che se siamo veri cristiani, i nostri cari dobbiamo lasciarli andare, convinti del fatto che in questa vita “Tutto passa, solo l’ Amore rimane”; egli stesso ad insegnarmi che questa vita è una prova, perché la vera Vita è un’altra; che la sofferenza va accettata, perché è la legge della natura umana; che la vita va vissuta un giorno alla volta e che non siamo autorizzati a pretendere, perché nulla ci appartiene, ma tutto è un dono. E allora, “Buon Dio, grazie per avermelo donato, perché così come me lo hai donato qui sulla terra non me lo hai tolto con la morte!” Nel frattempo, io andrò avanti con i suoi insegnamenti stampati nel cuore e nella mente, sicura del fatto che se non fosse stato esattamente l’uomo che è stato, anche con quei suoi modi bruschi e duri, io, ad oggi, non sarei quella che sono, né nella vita quotidiana né nella Fede. Grazie, padre Giorgio, esempio per me di vera vita cristiana.
Mirta Borrelli