E’ l’apocalisse, l’apocalisse, grida come sempre infuriato Beppe Grillo, ricordando l’antico Testamento in cui la rivelazione di un evento si annunziò, in modo clamoroso, ma tuonante, con fulmini, lampi, fischi e rumori di ogni sorta.
In effetti, la elezione di Donald John Trump – nato a N.Y., imprenditore ed immobiliarista di successo (il padre, Fred Trump, facoltoso investitore immobiliare della N. Y. degli anni 20 e 30), della tumultuosa metropoli cosmopolita accentratrice di tutte le razze ed etnie del mondo, centro di affari puliti ma anche loschi; un uomo alto, solido con una capigliatura biondastra che non si riesce a capire se attaccata con la colla, con ardite operazioni ingegneristiche tricologiche, un pò come il taykun italiano ben noto – ha destato non pochi stupore, sorpresa, sconcerto ed ammirazione, con la sua scalata sulla quale nessuno avrebbe scommesso un solo dollaro bucato.
Una scalata in effetti prodigiosa, inaspettata, che ha praticamente messo KO Ilary Clinton, una donna con un “pedigree” assai ragguardevole (“first lady” del grande Bill Clinton, il Presidente degli Stati Uniti, venuto dal nulla, nato in uno oscuro paese degli Stati Uniti, Hope, Arkansas, sassofonista dilettante, tenebroso ed avventuroso latin-lover (straordinarie e al centro di tutti i pettegolezzi mondiali, le sue avventure con Monica Lewinsky, le sue strane, indescrivibili, manovre con il sigaro)), segretaria di Stato del primo governo di Barack Obama, in ottimi rapporti amicali con Obama e Michelle, era da tutti considerata come vincente, contro il rozzo Donald, che l’attaccava, e l’aveva attaccata, in modo così volgare durante i suoi tumultuosi comizi elettorati, durante uno dei quali a Los Angeles, ebbe fortunosamente a salvarsi per la improvvisa scalata del palco da parte di un giovane, violento e minaccioso, il quale fu fulmineamente preso dagli agenti segreti che la circondavano.
Quali sono state le ragioni e le cause di tanta vittoria e di tanta sconfitta è molto difficile.
Enrico Letta, oggi a capo di una scuola a Parigi di Affari Internazionali – le sue lezioni sono seguite da centinaia di giovani studenti di tutto il mondo, l’uomo scalzato con operazioni senza scrupoli, da parte di Matteo Renzi nella famosa Leopoldina, che vide soccombenti e rottamati alcuni personaggi importanti come D’Alema e Veltroni e che per poco non spedì all’altro mondo il povero Pierluigi Bersani, colpito da un ictus per tanto rancore e dolore – riferisce che in una delle sue affollatissime lezioni con 400 studenti, interpellando ad uno ad uno, costoro si erano dichiarati favorevoli ad Ilary per la grande maggioranza, ed uno solo aveva osato dire di essere favorevole a Trump, questo gli faceva pensare che l’ascesa di Hillary sarebbe apparsa irresistibile.
Un giovane scrittore israeliano Roy Arad, professore nella più prestigiosa università di Tel Aviv, di una materia nuova ed inedita, ”storia del mondo”, autore già di numerosi libri tradotti in ogni lingua del mondo e che viene considerato come il nuovo profeta nella dinamica e nella evoluzione del pianeta, si è cimentato nella diagnosi della elezione di Trump, nonostante che il voto elettorale lo avesse visto perdere per circa due milioni di voti rispetto ad Hillary Clinton.
Egli ha particolarmente approfondito le problematiche relative al populismo, individuandone le fonti e le cause a livello globale e paventandone l’insorgenza in Germania quanto in Austria, quanto in Ungheria, quanto nella Francia di Marine Le Penn, nella Spagna,in Inghilterra, e l’effetto emulatorio da parte di queste civiltà continentali, rispetto all’enorme ed imprevisto successo di Trump, è in effetti di grande influenza e portata, in particolare sulla civiltà europea ed occidentale.
Laddove insorgono situazioni di rivolta contro l’establishment, sia pubblico che privato, dove la gente si sente emarginata ed offesa, ed ha, pertanto, una gran voglia di rivolta e di ribellismo contro i responsabili dello stato di fatto contestato, e così è accaduto tra le tante altre cause, che di qui a poco analizzeremo, per il trionfo di Trump, uomo a sua volta contestato da una massa enorme di gente negli Sati Uniti, da New York a Washington, da San Francisco ad alcune altre grandi città, soprattutto del nord America, rinchiuso nella sua Trump Tower di New York, all’ultimo piano, con giardini pensili interni laccati di oro e smaltati di marmi, assiste sgomento, unitamente alla sua bellissima moglie Melania e ai suoi bellissimi figli, alle marce che si svolgono sotto l’imponenza della sua straordinaria e magnifica torre e studia, giorno e notte, le strategie per affrontare l’imprevisto fenomeno che, a cagione dell’enorme successo elettorale avuto negli Stati Uniti, non avrebbe potuto insorgere in una forma così massiccia e prepotente.
Ha individuato, inoltre, il giovane studioso, tra le varie cause, quella della deindustrializzazione, che sta portando in America, alla chiusura di moltissime fabbriche e che investe, sia pure in parte, il tempio della industrializzazione americana, attraverso la rivoluzione del Silicio, persino la Silicon Valley.
Altra causa è l’automazione crescente che espelle quotidianamente migliaia di forze lavoro dalle industrie; inoltre, le superiori conquiste – che sembravano ovviamente una straordinaria fortuna – della intelligenza artificiale che sostituirà a lungo andare quella umana .
E che cosa faranno gli uomini e soprattutto le donne?
Questo è il grande dramma delle generazioni contemporanee che viene consciamente ed inconsciamente avvertito dalle popolazioni in marcia e in rivolta .
Per la verità di una sorprendenza già conosciuta che adesso diventa realtà concreta, il nuovo Presidente che si avvale di un ampio corpo, tra cui anche di un giovane molisano, concorrente nel 2010 alla carica del governatore di New York in competizione con Cuomo, annuncia fragorosamente al mondo che il muro che separa il Messico dagli Stati Uniti “sadda fare”.
Ciò naturalmente comporterà una notevole fibrillazione dei rapporti tra Stati Uniti e Messico e anche con altri paesi, che, per i principi della solidarietà e internazionalità non potranno agevolmente sopportare che il muro, forse più lungo della muraglia cinese, unico grande diaframma che la storia dell’uomo abbia conosciuto tra i due mondi quello più occidentale ed orientale, divida così violentemente il continente nord americano.
Ad un passo, quindi, da un nuovo isolazionismo dell’America, che comporterà, a catena, tutta una serie di altri atteggiamenti, tra i quali, ad es, la interruzione, già annunziata da Trump, dei rapporti commerciali con i continenti euroasiatico, la interruzione anche dei rapporti commerciali Canada -Europa, che tanto preoccupano alcune comunità europee, soprattutto quella vallese-belga.
Ha mostrato, comunque, il sempre sorprendente Trump, di essere un uomo particolarmente generoso, perché ha annunziato, nello sbigottimento in particolare dei grandi giornali americani, in uno dei quali è stato ospite per una conferenza, il N.Y. Times, di volere “graziare” la sua antagonista Illary Clinton nella ascesa alla Casa Bianca, decidendo di chiudere ogni indagine nei suoi confronti per avere permesso il trafugamento di segreti di Stato, attraverso il sistema delle e-mail e grazie ai suoi collaboratori piu’ stretti, in particolare il marito della sua segretaria particolare.
Naturalmente il fascino dei vincitori è irresistibile come tutta la storia umana riconosce e ricorda.
E, così, a partire dall’ungherese Orbat, a Marianne Le Pen, e alcune frange della Germania, al leader inglese della destra Farage ed a altri soggetti europei ed extra europei, sono letteralmente affascinati dal nuovo messia della politica mondiale, Donald Trump.
Con il suo rifiuto di abitare nella White House di Washington, egli intende spostare clamorosamente e per la prima volta nella storia americana, il baricentro a N. Y. e più precisamente nella sua abitazione di N. Y..
Nel suo grattacielo imperiale Trump, con le appendice delle fastose residenze nel New Jersey e persino nella tenuta in Florida.
Con questa mossa credo che egli intende in qualche modo dimostrare la superiorità della sua posizione di leader, anche rispetto alla Presidenza degli Stati Uniti e alla sua locazione storica della Whinter House.
Io sono Donald Trump, e decido, dove, e in quale punto dell’America, debba risiedere il centro della nuova guida americana.
Donald Trump riceve ormai normalmente nel suo lussuosissimo appartamento all’ultimo piano della Tower Trump, lastricato di marmi, di maioliche e di smalti, come l’antica reggia pietroburghese degli Zar, Hermitage.
Naturalmente si presentano problemi enormi come quelli già da me più volte ricordati, come l’incendio in atto nei quadranti medio-orienatali (Sinai, Iraq, Arabia Saudita, Yemen) il problema terrificante, ancora una volta messo a nudo nella conferenza di Marrakech e prima in quella di Parigi, sull’ambiente, in ordine al quale le dichiarazioni di Trump, sono quanto mai controverse ed inquietanti, come quelle di non volere ridurre in alcun modo i processi inquinanti di industrializzazione.
“Che Dio salvi il re”.
Egli è riuscito, non solo con il suo personale carisma, ma con una cauta ed intelligente capacità di disquisizione, a sfruttare tutto l’ampio scontento generatosi sotto le amministrazioni precedenti, in particolare Obama, del crescente processo di deindustrializzazione dell’America, in parte occidentale, quella che va sotto il nome della Silikon Valley.
Le problematiche nuove sono, dunque, infinite, il grande taykun riserverà ancora tante sorprese sullo scenario del mondo.
Ultima stupefacente sorpresa: sbracciandoci, urlando contro la Clinton che aveva qualche giorno fa difeso, grida al suo mondo : “sono stato derubato di milioni di voti , con i quali avrei vinto agevolmente anche il voto popolare”.
Franco Cianci