AGNONE – Anziano agnonese residente nel borgo antico di Agnone salvato dal 118 durante la tormenta nevosa della prima decade di gennaio. La vicenda viene raccontata dalla figlia, quando ormai il papà è fuori pericolo, per far comprendere come nel silenzio gli operatori sanitari, i soccorritori operano in ogni situazione meteo. Ma soprattutto per far comprendere molti l’indispensabilità dell’ospedale San Francesco Caracciolo di Agnone.
“Scrivo a nome di mio padre –inizia così la lettera giunta in redazione- un uomo che ha scelto di trascorrere la sua anzianità ad Agnone, dopo oltre 60 anni di lontananza dal paese natio. Abita in quel centro storico che lo ha visto ragazzino, di cui ricorda ogni via e ogni portone oggi abbandonato ma che un tempo risuonava di gente e di vita. La prolungata nevicata di gennaio ha sigillato vicoli e case vuote ma anche quelle in cui sensibili e coraggiose famiglie hanno scelto di vivere. Anche la sua. In quello stato di segregazione ed impotenza si è materializzato il peggiore degli incubi: la necessità di urgenti soccorsi medici. Nel cuore della notte del 9 gennaio, infatti, mio padre è stato colto da una crisi cardiaca. Sebbene continuasse ad imperversare un’eccezionale nevicava che aveva cancellato le strade ed ogni riferimento, il Soccorso del 118 è arrivato in pochi minuti. L’autista dell’ambulanza ha valutato il percorso più adeguato e gli operatori hanno raggiunto a piedi, per un lungo tratto coperto da un metro di neve, la casa di mio padre. La bravissima e sensibile dottoressa presente ha disposto l’urgente trasporto in ospedale ed essendo impossibile l’uso della barella si sono utilizzati mezzi alternativi ma senza creare allarmismo e cercando di attenuare l’ansia ed il panico che avevano colto tutti noi. Giunto al Pronto Soccorso dell’ospedale di Agnone, mio padre è stato prontamente sottoposto a visite e accertamenti, intanto la situazione cardiaca è andata stabilizzandosi e nelle prime ore del mattino è stato condotto in ambulanza al più vicino reparto di cardiologia, quello dell’ospedale di Isernia. Le condizioni stradali in quei giorni erano proibitive ed il trasferimento è stato complicato ed è durato molto a lungo. Mio padre, tuttavia, mi ha riferito che durante il difficile viaggio è stato confortato, tranquillizzato e distratto da professionisti carichi di grande umanità. Ai medici del Pronto Soccorso e agli operatori del 118 incontrati in questa, seppur spiacevole, vicenda, va il ringraziamento e la stima di mio padre e, ovviamente, di noi familiari. Va a gente competente e discreta che con onestà e dedizione conduce un lavoro delicatissimo e grande perché diretto a persone in stato di fragilità e smarrimento. Il loro impegno, che sfiora talvolta l’eroismo, salva molte vite ed è giusto, indispensabile e civile difenderlo, sostenerlo e gratificarlo”.
Vittorio Labanca