Cinghiali: continui incidenti nel Vastese, ma nella zona “non vocata” non si spara.
La nota di Camillo D’Amico, presidente regionale della Copagri Abruzzo che però dichiara di intervenire in veste di semplice cittadino, dopo l’episodio dell’ungulato presente nel giardino di un’abitazione a Vasto.
La zona non vocata è quella costiera, il termine “non vocata” significa che la presenza del cinghiale non può essere tollerata. Ma ad oggi in quella zona non si può sparare. Forse per qualcuno bisognerebbe chiedere gentilmente ai cinghiali di andare altrove.
«Faccio questa riflessione pubblica da cittadino. Finita la stagione venatoria lo scorso 31 Dicembre era chiaro che il problema cinghiali si sarebbe riproposto in tutta la sua vastità e gravità. Ancora una volta, colpevolmente, non si è lavorato per dare un seguito alla possibilità di abbattimenti sia con il metodo del selecontrollo o della caccia di selezione. Oggi siamo nella materiale impossibilità di azionare qualsiasi forma di controllo e/o abbattimenti. Il risultato evidente è che stiamo velocemente tornando ad una situazione fuori controllo. L’A.T.C. (Ambito Territoriale di Caccia) non può agire, la provincia è senza poteri, la regione Abruzzo sonnecchia ed i suoi più autorevoli rappresentanti in ben altre faccende affaccendati (leggi elezioni politiche). Tutto ciò con buona pace delle tante promesse fatte e non mantenute come quella, un po’ farlocca per la verità, d’impegnare addirittura l’esercito in questa impari battaglia. Per assurdo dobbiamo dire grazie a qualche cacciatore di frodo dallo spirito mai sopito che caccia tutto l’anno così riducendo di qualche numero i tanti cinghiali in circolazione. Sono da biasimare coloro che, come capitato qualche giorno fa in un giardino privato a Vasto, hanno preferito far scappare il malcapitato cinghiale piuttosto che farlo abbattere come sarebbe stato giusto. A costoro chiedo quale tipo di soluzione propongono in luogo della cattura e/o abbattimenti. Viene da chiedere quando ancora i cittadini debbono aspettare per vedere realizzata solo una delle tante promesse fatte? Quando tempo ancora per vedere avviato il virtuoso processo di costituzione della filiera produttiva che faccia diventare il cinghiale da problema ad opportunità di lavoro e reddito? Nella scala istituzionale chi di deve assumersi la responsabilità di agire di fronte ad evidenti pericoli per l’incolumità pubblica? Quanto tempo gli operatori agricoli devono ancora aspettare perché le loro produzioni siano veramente tutelate ed il loro lavoro premiato con vere politiche di sostegno?
A queste domande è ora di rispondere in concreto con fatti e non parole vuote e fumose. L’esasperazione è tanta che si unisce ad una sfiducia crescente. I cittadini non ne possono più e, oltre ai cinghiali, cominciano a generare problemi e preoccupazioni anche cervi e caprioli.
In attesa che accada qualche fatto nuovo, nel frattempo, siamo punto ed a capo».
Camillo D’Amico