AGNONE – Il più popoloso centro dell’Alto Molise, Agnone, continua a perdere abitanti. L’inarrestabile calo demografico è confermato dai numeri provenienti dall’anagrafe cittadina che ad oggi (29 gennaio) registra 4979 residenti. E’ così che per la prima volta l’Atene del Sannio scende sotto la soglia dei 5mila abitanti. Diversi i fattori che hanno portato ad un dato allarmante, sotto certi aspetti drammatico e che va dai tagli a servizi essenziali, vedi ospedale, alla mancanza di posti di lavoro, ad una viabilità da terzo mondo, senza calcolare una tassazione imponente e la totale assenza di incentivi per i nuovi nuclei familiari.
A ciò bisogna sommare il lontano miraggio della fiscalità di vantaggio, tema, questo, che verrà trattato in maniera approfondita nel prossimo numero de l’Eco cartaceo. Ed ancora risultano inascoltati gli innumerevoli appelli alle istituzioni e alla classe politica regionale urlati dalla diocesi di Trivento che resta l’ultimo baluardo di un territorio a rischio desertificazione. Un fenomeno, quello dello spopolamento, che interessa tutti i centri a cavallo tra il Molise altissimo e il Vastese a cui nessuno pone la giusta attenzione. La discesa di Agnone sotto le cinquemila unità rappresenta solo la punta di un iceberg che sta per mandare in frantumi chi ha deciso di investire i risparmi della propria esistenza sulle montagne dell’Appennino centrale. Nel frattempo giovani e intere famiglie continuano a scappare verso lidi che offrono maggiori garanzie in termini di qualità della vita, mentre quasi incenerita la piccola e media impresa con la quotidiana chiusura di attività commerciali, le quali, fino a qualche tempo fa raffiguravano il cuore pulsante dell’economia locale.
Nel 2001 Agnone contava 5842 abitanti, in 17 anni ne ha persi 863 il che significa un saldo negativo annuale di 50 unità. Di questo passo il futuro sembra segnato e se non ci saranno correttivi immediati la morte di un’intera area appare scontata. Con l’inesorabile calo demografico a repentaglio anche pezzi dello Stato vitali quali i distaccamenti dei Vigili del Fuoco, Polizia Stradale e Compagnia dei Carabinieri che potrebbero seguire le orme della Brigata della Guardia di Finanza chiusa solo qualche anno fa. Inutile ribadire che la discussione non è più rinviabile e merita tempo e risorse affinché si possa evitare quello che da più parti viene considerato un vero e proprio genocidio di un popolo. Alla vigilia delle elezioni regionali necessaria una “Vertenza per non morire 2” come quella che fu portata avanti il 26 marzo del 1993 grazie all’opera messa in campo dalle sigle sindacali Cigl-Cisl-Uil, senza dimenticare l’azione di un pastore come monsignor Antonio Santucci, allora vescovo di Trivento che non temeva di lanciare anatemi alla classe politica distante dai reali problemi delle aree interne sempre più abbandonate. “Chi combatte rischia di perdere, chi non combatte ha già perso”. (foto PIETRO FALCIONI)