AGNONE – Ponte chiuso: Agnone isolato, infermieri e personale in fuga dall’ospedale.
Diversi operatori, costretti a raggiungere il “Caracciolo” percorrendo la mulattiera di Secolare hanno avviato la procedura di mobilità per rientrare in Abruzzo.
Una «giornata triste» quella di oggi per don Francesco Martino, vulcanico cappellano dell’ospedale di Agnone. Recandosi presso la struttura sanitaria cittadina ha appreso che «viste le difficoltà crescenti nei collegamenti con l’Abruzzo, la ex strada statale Istonia per intenderci, alcuni bravi operatori abruzzesi, sfiduciati e stanchi, che garantiscono un importante supporto alla nostra struttura, in cui avevano creduto, hanno avviato la procedura di mobilità per rientrare nella loro regione».
Insomma l’isolamento territoriale cui è costretto Agnone a causa della chiusura del ponte Sente e che sta causando danni all’economia cittadina, potrebbe avere ripercussioni anche sul personale ospedaliero che viaggia ogni giorno dall’Alto Vastese. Perché percorrere strade di montagna, pericolose e malmesse, quando con lo stesso tempo si raggiunge facilmente un altro ospedale magari sulla costa? Il ragionamento non fa una piega e né si può biasimare chi lo pensa anche tra gli operatori sanitari.
E don Francesco riprende: «La situazione è divenuta insostenibile: il Pronto soccorso e il reparto Medicina non possono funzionare più senza un cardiologo h24 e una nuova Tac multistrato, anche di seconda mano, con mezzo di contrasto, e un anestesista h24. Apprezzando l’uscita pubblica dell’assessore Edmondo Amicarelli, chiedo ai nostri rappresentanti istituzionali di obbligare l’Asrem a provvedere entro pochi giorni e invito i rappresentanti della Provincia di Isernia, invece che fare puntualmente terrorismo mediatico, a muoversi con più serietà per la viabilità altomolisana con l’Abruzzo, in quanto la tempistica della chiusura del viadotto Sente e la vicenda della galleria Fonte Valloni puzzano di bruciato. Facile chiudere, non assumersi responsabilità e lavarsene le mani con dichiarazioni giornalistiche, ma governare è ben altro».