Pasqua, chi mangia l’agnello sostiene i pastori in difficoltà. Alla faccia delle solite e stantie campagne animaliste.
A dieci anni dal terremoto de L’Aquila portarlo a tavola significa aiutare la ripresa di aree duramente colpite dal sisma negli ultimi anni a partire dall’Abruzzo, ma anche l’Umbria, le Marche e il Lazio dove la pastorizia è fortemente radicata.
E’ la campagna di controinformazione e controtendenza lanciata da Coldiretti. «L’alimento più rappresentativo della tradizione pasquale per la maggioranza degli italiani resta la carne d’agnello che viene servita quest’anno in oltre la metà delle tavole (51%) nelle case, nei ristoranti e negli agriturismi. E’ quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixè in occasione dell’iniziativa “Qualità e origine in tavola” organizzata con il Codacons alla vigilia della Pasqua con gli agrichef di Campagna Amica, i cuochi contadini, al lavoro per far conoscere i segreti delle ricette tramandate da generazioni nelle campagne» spiegano dall’associazione di categoria.
Mangiare agnello senza sentirsi in colpa, dunque, anzi, perché si aiuta un settore in difficoltà come quello della pastorizia. Ecco la tesi scomoda di Coldiretti. «Un sostegno anche per i pastori sardi impegnati in una difficile battaglia per la sopravvivenza per colpa di prezzi che non coprono i costi di produzione, come purtroppo accade in molte regioni. Secondo un’analisi Coldiretti negli ultimi anni sono scomparse un milione di pecore dai 60mila allevamenti presenti in Italia dove sono rimasti 6,2 milioni di animali, situati in maggioranza in Sardegna. La pastorizia è un mestiere ricco di tradizione molto duro che costringe ogni giorno alla sveglia alle 5 del mattino per la prima mungitura che sarà ripetuta nel pomeriggio per ottenere da ogni pecora circa un litro di latte al giorno che viene sottopagato. Un mestiere a rischio di estinzione per i prezzi spesso inferiori ai costi di produzione, gli attacchi degli animali selvatici, la concorrenza sleale dei prodotti stranieri spacciati per nazionali e il massiccio consumo di suolo che in Italia ha ridotto drasticamente gli spazi verdi e i tradizionali percorsi lungo i fiumi fino ai pascoli di altura storicamente usati per la transumanza delle greggi per la quale l’Italia ha chiesto il riconoscimento come patrimonio dell’Unesco».
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